LOCAZIONI e CONDOMINIO
Spese Condominiali
Le spese di rifacimento del lastrico solare ad uso esclusivo vanno ripartite tra tutti i condomini
Redatto da Nicola Frivoli – Avvocato – Fonte: Diritto e Giustizia
Per il riparto delle spese di riparazione e ricostruzione del lastrico solare ad uso esclusivo, l’art. 1126 c.c. prevede l’obbligo a partecipare alle spese, nella misura dei 2/3, da parte di tutti i condomini dell’edificio o della parte di questo a cui il terrazzo solare serve ovvero a coloro ai quali appartengono unità immobiliari di proprietà individuale, a cui funge da copertura, con esclusione dei condomini ai cui appartamenti il lastrico stesso non sia sovrapposto. L’obbligo di partecipare alla ripartizione dei due terzi della spesa non deriva dalla sola, generica, qualità di condomino, bensì dall’essere proprietario di un’unità immobiliare compresa nella colonna d’aria sottostante alla terrazza oggetto della riparazione.
(Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza n. 18045/20; depositata il 28 agosto)
Il caso. Diversi condomini impugnavano una deliberazione assembleare eccependo la illegittimità della stessa che aveva ripartito tra i soli proprietari degli appartamenti sottostanti le spese di rifacimento del lastrico solare di uso esclusivo…
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L’obbligo di partecipare alla ripartizione dei due terzi della spesa non deriva dalla sola, generica, qualità di condomino, bensì dall’essere proprietario di un’unità immobiliare compresa nella colonna d’aria sottostante alla terrazza oggetto della riparazione. (Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza n. 18045/20; depositata il 28 agosto) Il caso. Diversi condomini impugnavano una deliberazione assembleare eccependo la illegittimità della stessa che aveva ripartito tra i soli proprietari degli appartamenti sottostanti le spese di rifacimento del lastrico solare di uso esclusivo di un condomino. Gli attori chiedevano che tutti i condomini dovessero concorrere nella misura di 2/3 alle spese di riparazione e ricostruzione del lastrico solare. Costituendosi in giudizio, il condominio, di contro, eccepiva l’infondatezza dei motivi di contestazione mosse dai condomini. In primo grado (Tribunale) accoglieva la domanda. L’appellante-condominio proponeva gravame ed il giudice competente (Corte di Appello) riformava la decisione di primo grado. Processualmente il Collegio evidenziava che gli appellati-condomini non avessero depositato il fascicolo di parte di primo grado contenente il Regolamento di condominio ed una pronuncia, passata in giudicato, utile per il giudizio. Non potendo prendere in esame tali documenti, la Corte di appello aveva ritenuto corretta la ripartizione delle spese contenuta nella deliberazione assembleare impugnata, in applicazione dell’art. 1126 c.c., la quale fa riferimento alla parte dell’edificio a cui il lastrico solare serve, e quindi ai soli proprietari sottostanti la parte di lastrico solare interessata dai lavori. Mancata integrazione del contraddittorio. Preliminarmente, i Giudici di legittimità hanno evidenziato che l’impugnativa a delibera condominiale determina tra i condomini, che siano stati parte del giudizio, una situazione di litisconsorzio processuale. Nella presente fattispecie, posta al vaglio della Suprema Corte, il Giudice del gravame avrebbe dovuto disporre, ex art. 331 c.p.c., ma non lo aveva fatto, l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri condomini, quali parte di una causa inscindibile, poiché il gravame veniva proposto da un solo condomino (Cass. n. 22370/2017). Ad ogni buon conto, gli Ermellini hanno ritenuto, nel caso in esame, la fissazione del termine ex art. 331 c.p.c., in forza del principio della ragionevole durata del processo, superflua, in quanto il ricorso proposto appariva “prima facie” infondato, e l’integrazione del contraddittorio veniva considerata attività del tutto ininfluente sull’esito del procedimento (Cass. S.U. n. 21670/2013). La ripartizione delle spese del lastrico solare. La Suprema Corte ha ritenuto infondati tutti i motivi di censura mossi dal ricorrente, con riferimento alla mancata produzione da parte dell’appellato del fascicolo di parte, contenente il regolamento condominiale ed una pronuncia relativa al condominio, con la violazione dell’art. 2967 c.c.. Rigettava, altresì, la censura in ordine alla violazione e falsa applicazione degli artt. 1117 e 1126 c.c., e poneva l’accento sull’accezione di lastrico solare di uso esclusivo, considerandola quella superficie terminale del edificio dotata di accessibilità ed adibita, quale accessorio, oltre alla funzione di copertura, alla utilizzazione esclusiva di uno degli appartamenti in forza di diritto, di carattere reale o personale, che risulti dal titolo; confermava la decisione della Corte di appello, poiché si conformava all’orientamento della Corte, ove si obbligava a partecipare alla spesa relativa alle riparazioni del lastrico solare di uso esclusivo, nella misura dei due terzi, tutti i condomini del condominio o della parte di questo a cui il lastrico serviva (Cass. n. 11484/2017; Cass. n. 7472/2001; Cass. n. 3542/1994; Cass. n. 2821/1976; Cass. n. 244/1974). In conclusione, i motivi di censura sono stati considerati infondati ed il ricorso è stato rigettato, con condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore della parte contro ricorrente. PROFESSIONE LEGAL MARKETING: PROFESSIONALMENTE EVOLVERE Keywords: parole adeguate che fanno ranking di Laura Biarella – Avvocato del Foro di Perugia e Giornalista pubblicista Gli utenti che navigano sul web impiegano determinate “keywords” nel percorso per approdare alle informazioni che hanno intenzione di reperire. L’utilizzo, da parte di chi scrive contenuti, di tali parole, consente di intercettare l’utenza, così conducendola alla sua vetrina virtuale. Il consumatore legale cerca informazioni sul web, comprendere “come” esprime le sue intenzioni di ricerca ci consente di captarlo, così facendolo atterrare sul nostro contenuto digitale. Da lì origina la telefonata o l’e-mail che, dallo stesso, potremmo ricevere. Glossario. Impiegare le parole chiave il più possibile ricercate, come consigliano gli esperti di marketing, è uno strumento per implementare il ROI della law firm, o comunque del legal brand. Rudyard Kipling scriveva che “Le parole sono la più potente droga usata dall’uomo” e, se attualizziamo questo aforisma nel contesto dell’internet world, e più specificamente nell’ambito del legal marketing, trarremo il messaggio che cercherò di esprimere in questa (sesta) puntata della rubrica. Sembra quindi necessario back to basics (fare un passo indietro), e con una buona dose di curiosità, prendere in prestito dagli informatici (webmaster, SEO specialist e dintorni), come pure dai marketer, alcune definizioni (nel web sono disponibili, con accesso free, dei pratici glossari di digital marketing) che ci saranno da prezioso ausilio in questo articolo: – KEYWORD. Parola chiave digitata nella ricerca compiuta in un browser, che genera un elenco di siti web alla medesima collegati. Le keywords rappresentano, perciò, il primo approccio che muove l’utente all’interno del servizio di ricerca per la scansione di un sito e delle sue pagine, come anche lo strumento tramite il quale lo stesso motore indicizza e posiziona i contenuti in base ai fattori di ranking. Le keywords appaiono come strumenti indispensabili per l’ottimizzazione SEO di un portale, in quanto adatte a intercettare il traffico proveniente dalla ricerca sui motori e i click degli utenti che si adoperano per consultare i contenuti afferenti all’interrogazione (query) che formulano. Infatti, su internet le parole chiave (o keywords) sono anche indicate come “query” di ricerca. In definitiva, dalla parte dell’utente, le keywords sono la modalità impiegata per cercare qualcosa e individuare un argomento di interesse tra l’infodemia (quantità eccessiva di informazioni) del web, dunque per individuare la soluzione ad un problema (il consumatore legale ha bisogno di un avvocato che si occupi della sua imputazione penale), fronteggiare un’esigenza (deve gestire un regolamento di confini col vicino), realizzare un desiderio (pianificare la successione nell’eventualità in cui incappi in qualche inaspettato imprevisto). – RANKING. Il vocabolo, tradotto dall’inglese, significa “classifica”, nel digital marketing il termine indica, più specificamente, la posizione che un motore di ricerca attribuisce ad un portale web, nella lista, o classifica, che compare all’utente a seguito di una ricerca.- ROI (return of investment). Indica il rapporto percentuale tra la differenza di ricavi e costi dell’investimento e il costo dell’investimento: ROI = [(Ricavi-Costi)/Costi] x 100. In generale, l’indice in questione viene impiegato per quantificare e valutare la performance delle campagne di digital marketing. In particolare, tra le principali metriche adoperate per misurare l’efficacia di un’iniziativa di marketing online si annoverano quelle legate alle azioni poste in essere dall’utente nel corso della navigazione (visite o click), quelle relative al funnel (letteralmente, “imbuto”) di marketing (lead e conversion), nonché quelle utili a stimare il contribuito generato dalle campagne di marketing (precisamente, il ROI). Più in generale, nel gergo economico, il ROI è un indicatore di efficienza nell’impiego delle risorse a disposizione del brand per produrre utili attraverso la sua attività caratteristica (per approfondire, invito a visitare, la relativa voce, nell’autorevole Enciclopedia Treccani). – SEO. Da quando il web fa parte della nostra quotidianità la sigla SEO, acronimo di Search Engine Optimization è entrata nel linguaggio corrente, per indicare l’attività di ottimizzazione per i motori di ricerca. Più in dettaglio, lasciando ogni più minuziosa conoscenza, come anche circostanziata competenza, ai professionisti del settore (search engine optimizer, indicati con il medesimo acronimo), per SEO si intende quell’attività preordinata a migliorare scansione, indicizzazione e posizionamento di un contenuto presente in un sito web, da parte dei crawler (detti anche bot) dei motori di ricerca (Google, Yahoo!, Bing, e via di seguito) nella finalità di mantenere o migliorare il posizionamento nelle SERP (pagine di risposta alle interrogazioni degli utenti, cioè quelle che appaiono dopo il comando invio di una ricerca sul web). – SERP (Search Engine Results Page), letteralmente è traducibile come “pagina dei risultati del motore di ricerca”. Ogni volta che un utente del web effettua una ricerca attraverso un motore, ottiene come risposta un elenco, che può essere fornito sia dai motori di ricerca on-line (Google & co.), che da quelli offline (biblioteche, archivi, banche dati, e via dicendo). Le tecniche impiegate dai webmaster, o dai SEO specialist, per migliorare la posizione delle pagine nelle SERP vengono indicate, come poco sopra illustrato, con l’espressione ottimizzazione o SEO, mentre l’operazione di per sé viene denominata “posizionamento nei motori di ricerca”. Importanza delle keywords. Ogni creatore di contenuti giuridici che muove i primi passi nel legal market online, ha un’ambizione primaria, e cioè che il numero delle persone che visitino il proprio sito web risulti elevato, in modo che gli utenti leggano i propri contenuti e, per l’effetto, accedano ai servizi specificamente offerti dalla law firm. Per arrivare a questa meta è essenziale avere contezza, prima di imbastire qualsiasi contenuto, di cosa cerca l’utenza (i potenziali clienti o lettori) sui motori di ricerca, per quindi cucire contenuti su questi argomenti. Senza dubbio ogni ricerca che impianta un consumatore legale esprime un bisogno (deve difendersi da un’accusa penale), desiderio (vorrebbe separarsi dal coniuge), interessi (ha intenzione di aprire un negozio di giocattoli). Le operazioni preliminari consistono, perciò, nell’analizzare le tendenze di ricerca, reperire le parole chiave di ricerca correlate (in altre parole, la terminologia effettivamente digitata sul web, e finalizzata a reperire certe informazioni), personalizzare i contenuti che si intende editare per soddisfare le effettive (appunto, perché verificate) esigenze dei potenziali clienti. Nel legal brand marketing si adoperano le parole chiave per fare in modo che gli utenti, digitando una determinata parole chiave, approdino nel legal blog della law firm. Potrà sembrare arduo, il primo approccio, da parte del giurista, abituato a comunicare in legalese. Basterà un po’ di pratica per accorgersi che i termini tecnici, nel web, si limitano ai contenuti destinati a specialisti, mentre se si vogliono raggiungere potenziali clienti, bisognerà orientarsi a termini aderenti a un linguaggio maggiormente divulgativo. Come accompagnare l’utenza verso i nostri canali, attraverso le keywords più adeguate, è appunto la mission di questo contributo. Funzione delle keywords nella SEO. Quando si stanno cercando informazioni sul web, ci viene fornita una vera e propria lista di risultati (come abbiamo nell’ultima voce del primo paragrafo, denominata SERP), dove le pagine web che la compongono trattano tematiche associate alla keyword digitata. Per l’effetto, a seguito dell’inserimento della keyword e del comando invio, il motore di ricerca ci fornisce un elenco di pagine web: alcune si posizionano in cima alla lista e altre si trovano in fondo. Il motore definisce il posizionamento di una pagina web in alto o in basso della lista utilizzando un algoritmo. Il motore, dopo che un utente ha digitato una parola chiave, opera in modo che ai posti più in alto dell’elenco compaiono i risultati più pertinenti rispetto alla parola chiave digitata, così fornendo le informazioni più utili ed adeguate a chi sta eseguendo la ricerca. L’utente, il più delle volte, fa ricadere la propria attenzione sui primi risultati offerti, di conseguenza ivi dirigendosi, con il proprio “click”. Quello di mettere in atto le più idonee strategie per posizionare un contenuto in alto alle liste fornite dai motori, al fine di piazzare, tra i primi posti, la pagina web su cui si sta lavorando, è un compito molto complesso, che compete al SEO specialist. Ciò nonostante, anche un principiante, che collaziona contenuti da editare nel web, deve tenere a mente che uno dei fattori principali impiegati per posizionare una pagina web nelle più elevate posizioni della classifica è la presenza di certe parole chiave, e non altre, nella pagina web. Mettendo da parte ogni presunzione (al bando pretendere di competere con il SEO specialist), per posizionare una nostra pagina (la vetrina legale in cui offriamo consulenze, ad esempio, in tema di sinistri stradali) dobbiamo prima comprendere cosa scrivono gli utenti sui motori di ricerca quando si accingono a rintracciare sul web quella particolare tipologia di servizio che stiamo offrendo. Il consumatore legale potrebbe scrivere “incidente”, “sinistro”, “lesioni”, e via dicendo. Il compito del SEO specialist è quello di “ottimizzare” tali parole chiave nella pagina web, in modo che, al momento in cui il consumatore legale digita (sui motori) uno di quei vocaboli, tra i primi posti troverà la pagina web che sta ottimizzando. Tutto ciò si verifica se a monte vi sia stata una preliminare individuazione delle parole chiave che, presumibilmente, andrà ad impiegare l’utente, e che quindi siano state inserite all’interno del contenuto editato sulla pagina web, come anche introdotte le ulteriori keywords che gli esiti della nostra indagine, compiuta sui keyword tool, ci abbiano indicato come affini. In definitiva, dobbiamo fare in modo che il motore di ricerca comprenda che la nostra pagina sta trattando la tematica “incidente”, che è quella ambita dal consumatore legale che sta navigando, in tale direzione, sul web. Ovviamente, sarà necessaria una buona dose di umiltà, così sfuggendo alla presunzione di aggiudicarci la pole position. Bisogna essere consapevoli che il posizionamento del contenuto di una pagina all’interno della SERP dipende da serie variegata di variabili, strategie ed operazioni, che solamente un professionista (SEO specialist) potrebbe realizzare, e a cui, proficuamente, potremmo rivolgerci, se da soli non siamo riusciti ad ottenere buoni piazzamenti. Keyword Tool. Nella ricerca delle parole chiave da inserire sui contenuti, per gli scopi di cui stiamo discutendo in questo contributo, possiamo impiegare degli efficacissimi tool. Tra quelli più diffusi tra i tecnici del settore, ed a pagamento, emerge lo “Strumento di pianificazione delle parole chiave” (Keyword Planner) di Google (https://adwords.google.come/KeywordPlanner). Per muovere i primi passi possiamo addentrarci nelle numerose versioni free dei keyword tool (le “Pro” non sono affatto per principianti), che appaiono molto intuitive e con interfacce di facile comprensione. Le stesse offrono moltissimi dati ed indicazioni utili per impostare contenuti con le parole “gradite” al web: volume di ricerca, tendenza, ma anche domande formulate dagli utenti (per avvocato: “come diventare”, “cosa fa”, “quanto guadagna”), hashtags. Attraverso questa peculiare tipologia di toll è possibile non soltanto avere a disposizione un’analisi per singola keyword, distinta per i diversi motori di ricerca (Google, Bing, ecc…), ma anche per social (Instagram, Toutube, Twitter) ed e-store (Amazon, eBay, Paly Store). Inoltre, si può analizzare la concorrenza (i competitors) e controllare il volume della ricerca. Molti di questi tool offrono anche l’opzione delle parole a corrispondenza inversa, e cioè al fine di escludere quelle indesiderate, non pertinenti alla ricerca, in definitiva da evitare nel contenuto che stiamo elaborando. Altri tool, dopo aver inserito l’URL di una pagina web, offrono informazioni quali: il numero di parole totali impiegate, come anche il numero di volte che una singola parola è stata utilizzata all’interno della pagina. È molto interessante capire le parole chiave utilizzate da una pagina che tratta argomenti correlati al nostro. Opportuno è precisare che anche nei canali social l’impiego delle keywords rappresenta un’operazione fondamentale, tendo conto che in questo ambito le stesse sono denominate hashtag (ad esempio su Instagram e Twitter). Quando un utente all’interno di un post creato sui social digita un determinato hashtag, la stessa parola diventa cliccabile, quindi cliccandoci sopra si accede a una sezione dove vengono elencati tutti post degli utenti che si sono serviti della stessa come hashtag. Per reperire gli hashtags più adeguati per i post sui canali social, sono utilissimi i keyword tool, i quali, appunto, come accennato, offrono funzioni di risultato dedicate ai social media. I tools per le keywords (Answer the public, Ahrefs, Google Trends, Text Analyzer, Google Ads, Ubersuggest, Google Suggest, ma anche altri), rappresentano, in conclusione, l’indispensabile ausilio per reperire le parole chiave relative a qualsiasi argomento, in quanto generano, automaticamente, i suggerimenti di ricerca dei motori, praticissimi per chi scrive contenuti.FAMIGLIA E SUCCESSIONI ASSEGNO DI MANTENIMENTO | 13 Maggio 2020 Genitore non affidatario: l’obbligo di mantenere il figlio naturale decorre dalla cessazione della coabitazione di La Redazione «La decisione del tribunale per i minorenni relativa all’obbligo di mantenimento, ai sensi dell’art. 148 c.c., del figlio naturale da parte del genitore non affidatario retroagisce naturalmente al momento della domanda giudiziale, oppure – se successiva dall’effettiva cessazione della coabitazione, senza necessità di apposita statuizione sul punto. La decisione adottata dalla corte d’appello all’esito dell’eventuale reclamo si sostituisce a quella del tribunale per i minorenni e produce effetti con la medesima decorrenza». (Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza n. 8816/20; depositata il 12 maggio) Questo il principio affermato dalla Cassazione con l’ordinanza n. 8816/20, depositata il 12 maggio. Una madre proponeva ricorso innanzi al Tribunale per i minorenni domandando all’ex convivente un assegno di mantenimento per il figlio pari a 2000 euro. Poiché il Tribunale determinava il contributo paterno nella misura di euro 520,71, la madre proponeva reclamo innanzi alla Corte d’Appello che elevava l’importo del contributo mensile a euro 1800. In forza di tale pronunci la ricorrente notificava al padre un atto di precetto per il pagamento degli arretrati per il mantenimento del figlio dalla data dell’originaria domanda giudiziale. Avverso l’atto di precetto il padre proponeva opposizione (art. 615, c. 1, c.p.c.) rilevando che il maggior importo fosse dovuto solo dalla data del decreto con cui la Corte d’Appello aveva proceduto alla rideterminazione dell’assegno o al massimo dalla data del provvedimento emesso dal tribunale per i minorenni. Il Tribunale rigettava l’opposizione al precetto mentre la Corte d’Appello accoglieva il gravame e, stabilendo che il contributo fosse dovuto solo dalla data io cui la madre aveva proposto reclamo, condannava l’appellata alla restituzione degli importi eccessivi ricevuti. Avverso la decisione propone ricorso in Cassazione la madre lamentando il mancato riconoscimento in suo favore che non le sia stato riconosciuto il diritto alla percezione dell’assegno di mantenimento con decorrenza retroattiva alla data di presentazione del ricorso in Tribunale. La Cassazione, ritenendo fondato il motivo di ricorso e rigettando l’opposizione a precetto del padre, osserva che l’obbligazione di mantenimento del figlio si collega allo status genitoriale e assume decorrenza dalla nascita del bambino. Dunque, se i genitori cessano la convivenza, l’obbligo del genitore non collocatario/affidatario decorre dalla effettiva cessazione della coabitazione e non dalla proposizione della domanda giudiziale. Nel caso di specie i giudici osservano che la decisione del Tribunale per i minorenni sull’obbligo id mantenimento a carico del genitore non affidatario non ha effetto costitutivi ma solo dichiarativi di un diritto direttamente connesso allo stato genitoriale. Dunque, accogliendo il ricorso, la Suprema Corte pronuncia il principio di diritto secondo cui «la decisione del tribunale per i minorenni relativa all’obbligo di mantenimento, ai sensi dell’art. 148 c.c., del figlio naturale da parte del genitore non affidatario retroagisce naturalmente al momento della domanda giudiziale, oppure – se successiva dall’effettiva cessazione della coabitazione, senza necessità di apposita statuizione sul punto. La decisione adottata dalla corte d’appello all’esito dell’eventuale reclamo si sostituisce a quella del tribunale per i minorenni e produce effetti con la medesima decorrenza». PENALE e PROCESSO CODICE DELLA STRADA Investe un pedone: rispettare il limite di velocità non salva l’automobilista Redatto da Attilio Ievolella – Fonte: Diritto e Giustizia Confermata la condanna per un uomo, ritenuto colpevole di omicidio colposo. Col suo investimento ha dato il ‘la’ alla catena di eventi che ha poi portato alla morte del pedone. Evidente per i Giudici la condotta imprudente tenuta alla guida, considerate le condizioni atmosferiche e della strada, e questa visione non può essere messa in discussione alla luce del rispetto del limite di velocità. (Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza n. 14515/20; depositata il 12 maggio) Rispettare il limite di velocità – fissato a 50 chilometri orari, in questo caso – non è sufficiente per eliminare la responsabilità dell’automobilista che investe un pedone, dando il via a una catena di eventi che ne causerà la morte (Cassazione, sentenza n. 14515/20, sez. IV Penale, depositata oggi). Contesto del terribile episodio è una strada della Capitale. Siamo nel marzo del 2007 quando, all’altezza di un incrocio, una vettura investe una donna che sta attraversando la strada utilizzando le strisce pedonali. L’automobilista si ferma e si appresta a scendere dalla vettura per prestare soccorso, si presume, alla donna, che, però, ferma al centro della carreggiata, viene centrata e trascinata da un’altra macchina e muore a causa delle gravissime lesioni riportate. Così l’automobilista colpevole dell’investimento della donna si ritrova sotto processo per omicidio colposo. Ricostruito l’incidente, i giudici di merito ritengono evidente la responsabilità dell’automobilista, che non ha prestato adeguata attenzione alla presenza della donna – evidente anche grazie all’utilizzo di un ombrello – né ha tenuto una condotta di guida prudente, soprattutto tenendo conto della scarsa visibilità – visto l’orario: 18.45 –, della pioggia e del manto stradale bagnato. Per il legale dell’automobilista, però, la lettura data all’episodio non è corretta, soprattutto tenendo presente che la velocità della vettura guidata dal suo cliente era di 36 chilometri orari, nettamente inferiore al limite indicata su quella strada, cioè 50 chilometri orari. Per i Giudici della Cassazione, invece, è corretta la linea seguita sia in Tribunale che in appello: in sostanza, è evidente «la condotta imprudente e negligente del conducente, idonea a cagionare la morte del pedone – che si trovava davanti a lui e che aveva già impegnato l’attraversamento della strada –, non avendo egli proceduto con un’andatura adeguata alle condizioni della strada ed a quelle atmosferiche, trovandosi a percorrere un tratto di strada in centro abitato, in prossimità di un attraversamento pedonale, in presenza di un asfalto reso viscido dalla pioggia e con scarsissima visibilità, stante l’ora (18.45)». Irrilevante, invece, secondo i magistrati il fatto che «la velocità fosse nei limiti dei 50 chilometri orari», perché proprio le condizioni atmosferiche e della strada la rendevano «comunque eccessiva e non prudenziale». E peraltro «il pedone era visibile al momento dell’impatto perché la aveva l’ombrello aperto». E il richiamo difensivo alla presenza sulla strada di cassonetti che avrebbero limitato la visuale dell’automobilista si rivela un boomerang: per i giudici, difatti, «la limitata visuale avrebbe dovuto indurre il conducente a ridurre la velocità». E in questa ottica viene aggiunto che non può essere ignorata «la regola prudenziale e cautelare fondamentale che deve presiedere al comportamento del conducente, sintetizzata nell’obbligo di attenzione che questi deve tenere al fine di avvistare il pedone sì da potere porre in essere efficacemente i necessari accorgimenti atti a prevenire il rischio di un investimento». Ciò si traduce in «tre obblighi comportamentali: quello di ispezionare la strada dove si procede o che si sta per impegnare; quello di mantenere un costante controllo del veicolo in rapporto alle condizioni della strada e del traffico; quello, infine, di prevedere tutte le situazioni che la comune esperienza comprende, in modo da non costituire intralcio o pericolo per gli altri utenti della strada, in particolare, per i pedoni». RESPONSABILITÀ CIVILE E ASSICURAZIONI CODICE DELLA STRADA Quali sono i requisiti minimi della strada per poter posizionare l’autovelox? Le strade urbane di scorrimento, sulle quali possono essere installati dispositivi di controllo a distanza previa individuazione del prefetto, sono definite dall’art. 2, comma 3, c.d.s. come «strada a carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico, ciascuna con almeno due corsie di marcia, ed una eventuale corsia riservata ai mezzi pubblici, banchina pavimentata a destra e marciapiedi, con le eventuali intersezioni a raso semaforizzate; per la sosta sono previste apposite aree o fasce laterali estranee alla carreggiata, entrambe con immissioni ed uscite concentrate». (Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza n. 8635/20; depositata il 7 maggio) Lo ha ribadito la Suprema Corte con la sentenza n. 8635/20, depositata il 7 maggio. Il caso. Un automobilista impugnava il verbale di contestazione della violazione dell’art. 142, comma 8, d.lgs. n. 285/1992 per eccesso di velocità, rilevato tramite autovelox posizionato sulla strada, individuata dal Prefetto di Prato ai sensi dell’art. 201, comma 1-bis, c.d.s.. Sosteneva invece l’automobilista che la strada in questione non avrebbe le caratteristiche di strada urbana di scorrimento previste dall’art. 2, comma 3, c.d.s. con conseguente illegittimità della deroga al principio della contestazione immediata della violazione. Il Giudice di Pace rigettava l’opposizione, decisione confermata anche dal Tribunale. L’automobilista ha dunque proposto ricorso per cassazione. Strade urbane di scorrimento. Il ricorrente lamenta violazione di legge per aver il Giudice di merito affermato di poter ravvisare la sussistenza di strada urbana di scorrimento anche in assenza di corsia riservata ai mezzi pubblici, banchina con marciapiede e intersezioni a raso semaforizzate, ritenendo sufficienti le due carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico invalicabile. Il motivo risulta fondato. Come già affermato dalla giurisprudenza di legittimità, in virtù della ratio legis di cui la l. n. 168/2002 (recante disposizioni urgenti per garantire la sicurezza nella circolazione stradale) il legislatore ha inteso inserire le strade urbane di scorrimento di cui all’art. 2, comma 3, lett. d), c.d.s. (autostrade e strade extraurbane) nel novero dei percorsi sui quali è ammesso l’uso di dispositivi di controllo a distanza. L’inserimento non è comunque automatico, essendo compito del prefetto quello di selezionare tra le strade urbane di scorrimento quelle in cui si rende necessario il controllo a distanza sulla base della valutazione degli elementi espressamente indicati nell’art. 4 d.l. n. 121/2002, tra cui il tasso di incidentalità, le condizioni strutturali e plano-altimetriche, il traffico sulla strada. Sulla base di tale premessa, richiamando il testo dell’art. 2, comma 3, c.d.s. che definisce le strade urbane di scorrimento, il Collegio sottolinea come gli elementi della corsia riservata ai mezzi pubblici e delle intersezioni semaforiche siano “eventuali”, mentre sono elementi strutturali necessari la banchina pavimentata a destra, il marciapiede e le aree di sosta. In conclusione, la Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale. FAMIGLIA e SUCCESSIONI DECRETO CORONAVIRUS Covid-19: anche l’accordo tra i genitori può legittimare i trasferimenti del figlio minore Redatto da Alberto Figone, da ilfamiliarista.it (Fonte: Diritto e Giustizia) Da quando si è manifestata l’esigenza di assumere una disciplina emergenziale per limitare gli spostamenti delle persone, ci si è posti il problema della regolamentazione dei tempi di permanenza dei figli minori con il genitore con il quale non convivono… Da quando si è manifestata l’esigenza di assumere una disciplina emergenziale per limitare gli spostamenti delle persone, ci si è posti il problema della regolamentazione dei tempi di permanenza dei figli minori con il genitore con il quale non convivono. Il Governo era già intervenuto sul proprio sito, chiarendo la legittimità di detti spostamenti, se giustificati da un provvedimento giudiziale, reso in un procedimento di separazione, divorzio, ovvero di disciplina dell’affidamento di figli di coppia non unita in matrimonio. Nel frattempo è intervenuta anche la giurisprudenza, a cominciare dalla prima pronuncia resa dal Tribunale di Milano l’11 marzo 2020 (Trib. Milano 11 marzo 2020). Il problema ha continuato tuttavia a porsi in quelle situazioni nelle quali manca un provvedimento del giudice: si pensi ad una separazione di fatto tra coniugi, ovvero alla cessazione della convivenza tra due partner, ma anche ad una coppia di coniugi in attesa di separazione, senza che sia stata ancora assunta alcuna decisione. È subito parso irragionevole operare una discriminazione tra i figli minori di età, ovvero tra i loro genitori, a seconda dell’esistenza o meno di un provvedimento giudiziale, provvisorio o definitivo, relativo all’affidamento. La questione, su cui già ci sii era interrogati, è stata risolta con un criterio di buon senso dal Governo, all’interno delle FAQ, pubblicate sul sito istituzionale in data 1° aprile. Nel ribadire che gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore o comunque presso l’affidatario, oppure per condurli presso di sé, sono consentiti anche da un Comune all’altro, nel rispetto di tutte le prescrizioni di tipo sanitario, si precisa che ciò può avvenire “secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio”, ma anche “in assenza di tali provvedimenti, secondo quanto concordato tra i genitori”. Dunque, un accordo tra i genitori può supplire alla mancanza di una pronuncia giudiziale. Ovviamente, tale accordo dovrà risultare da un atto scritto, che potrà essere sostituito da uno scambio di mail tra i genitori o i loro Legali, con cui individuare in maniera precisa tempi e modalità degli spostamenti del figlio minorenne. Omicidio a Grotte: attende che il fratello esca di casa e lo accoltella alla gola, fermato. Avrebbe atteso il fratello all’uscita di casa. Sull’uscio dell’abitazione, in via Orsini, lo avrebbe colpito alla gola con un coltello: uccidendolo. Omicidio a Grotte, questa mattina alle ore 8 circa. A perdere la vita è stato Roberto Chiarenza, 56 anni, tabaccaio di Grotte. I carabinieri della stazione di Grotte hanno già bloccato – ed è avvenuto, di fatto, in maniera fulminea – Pietro Chiarenza, 64 anni: il fratello della vittima. E’ stato ritenuto responsabile d’aver ucciso il fratello. I militari dell’Arma, coordinati dal sostituto procuratore di Agrigento Cecilia Baravelli che si sta recando sul posto, stanno ricostruendo nel dettaglio la vicenda per formalizzare il provvedimento restrittivo nei confronti del 64enne. Sul posto, in via Orsini appunto, è in corso anche un circostanziato sopralluogo della sezione Investigazioni Scientifiche del comando provinciale di Agrigento. Non ci sono – non ancora – certezze istituzionalmente ufficiliazzate, ma pare che fra i due fratelli i rapporti fossero in crisi da tempo e vi sarebbero stati dei rancori e dei continui dissapori. In via Orsini, nel “cuore” di Grotte, è intervenuta anche un’autoambulanza del 118: il presunto omicida è rimasto ferito ad un occhio. Il dettaglio spiegherebbe che la vittima ha quasi sicuramente provato a difendersi. Duro colpo allo spaccio di droga nel centro storico, sequestrati hashish e marijuana: controlli anche in vari quartieri maxi controllo del territorio da parte dei carabinieri di Agrigento in diversi quartieri della città dei Templi, con particolare attenzione ai i vicoli del centro storico nella zona di piazza Ravanusella dove nei mesi scorsi i militari avevano fatto scattare il blitz antidroga “Piazza pulita”. Le attività disposte dal comando provinciale dell’arma, oltre al contrasto alle attività di spaccio di sostanze stupefacenti, sono state mirate anche per reprimere il triste fenomeno dei furti in abitazione. Cinque sono state le pattuglie impiegate che hanno setacciato non solo i vicoli del vecchio nucleo urbano ma anche i quartieri di San Leone, Villaseta e Villaggio Mosè. Sessanta sono stati gli autoveicoli controllati, circa 180 invece le persone identificate. Durante i controlli, è stata scoperta della sostanza stupefacente, hashish e marijuana. Al vaglio dei carabinieri ci sarebbe la posizione di due cittadini extracomunitari, ritenuti presunti pusher casteltermini canicatti aragona favara castrofilippo naro licata palma di montechiaro porto empedocle raffadali CAP 92015 92014 92020 92024 92026 92021 92027 92028 92025 avvocatoagrigento.it incidente stradale studiolegaleagrigento.com lampedusa linosa 92010 abusivismo lgbt cambio sesso pubblico ministero juventus milan inter napoli akragas girgenti agrigentonotizie scrivo libero esecutore testamentario testatore esecuzioni immobiliari sfratto morosità domiciliazioni domiciliatario valle dei templi giardino della kolymbetra le pagine gialle elenco telefonico sono rosse padova milano bologna ferrar aroma frosinone brescia travagliato cavalli castagne funghi catania linguaglossa rifugio coca cola montagna Joker coomingsoon risarcimento danni FAMIGLIA e SUCCESSIONI Divorzio I figli hanno diritto allo stesso tenore di vita goduto prima del divorzio (per quanto possibile) Redatto da Luca Tantalo – Fonte: Diritto e Giustizia La prole ha diritto ad un mantenimento, a seguito di separazione o divorzio, tale da garantire un tenore di vita corrispondente alle risorse economiche dei genitori e quanto più vicino possibile a quello goduto in precedenza. (Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza n. 1562/20; depositata il 23 gennaio) Questo è il principio dalla Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1562/20, emessa il 14 novembre 2019 e depositata il successivo 16 giugno 2020, in particolare dal Collegio della Sesta Sezione Civile. La questione è sorta in un giudizio per la cessazione degli effetti civili di un matrimonio e riguardava, allo stato, esclusivamente l’ammontare dell’assegno in favore del figlio, da poco maggiorenne ma non economicamente autosufficiente, e convivente con la madre come da condizioni di separazione, poi confermate con lo scioglimento del matrimonio. Il caso. Il Tribunale aveva originariamente fissato la misura dell’assegno di mantenimento in favore del figlio in € 900,00 oltre al 50% delle spese straordinarie; la Corte d’Appello, alla luce di una valutazione approfondita dei redditi degli ex coniugi, del loro presumibile tenore di vita, della disparità reddituale a favore del padre, delle accresciute esigenze di vita de figlio e dei prevalenti tempi di permanenza presso la madre, aveva stabilito invece in euro 1.100 mensili l’entità dell’assegno di mantenimento gravante sul padre, elevando quanto stabilito dal Tribunale, e aggiungendo anche il 70% delle spese straordinarie. La madre proponeva ricorso per la cassazione della sentenza con due motivi; il padre replicava con controricorso. Nel ricorso, venivano denunciati la violazione e la falsa applicazione degli artt. 155 e 337-ter c.c., nonché dell’art. 111, comma 6, Cost. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. e in sostanza veniva chiesto un aumento dell’assegno di mantenimento, poiché a detta della ricorrente insufficiente e comunque sproporzionato rispetto alle condizioni economiche dei coniugi. L’assegno di mantenimento del figlio deve essere parametrato sulle effettive e attuali esigenze dello stesso alla luce delle condizioni economiche dei genitori e del tenore di vita della famiglia in costanza di matrimonio. La Suprema Corte ha esaminato con attenzione la questione riguardante l’attribuzione dell’assegno di mantenimento in favore del figlio, che come detto è maggiorenne ma non economicamente autosufficiente, e convive con la madre. Il ricorso è stato respinto, poiché secondo la Cassazione ha quindi ben valutato la Corte territoriale le circostanze del caso concreto, richiamando i principi della Sesta Sezione, per cui a seguito della separazione personale (o della cessazione degli effetti civili, come in questo caso), la prole ha diritto ad un mantenimento tale da garantire un tenore di vita corrispondente alle risorse economiche della famiglia e analogo (per quanto possibile) a quello goduto in precedenza; di conseguenza, deve continuare a trovare applicazione l’art. 147 c.c., che obbliga i genitori a far fronte a tutte le esigenze dei figli, non solo quelle alimentari, ma anche abitative, scolastiche, sanitarie e sociali. Per la Suprema Corte, si tratta di accertamento di fatto che la Corte territoriale ha correttamente svolto, e quindi la domanda di riesame di tale questione, contenuta nel ricorso, si risolve in una richiesta di riesame di tale questione di fatto, in quanto tale inammissibile. Di conseguenza, in applicazione di detti principi, il ricorso è stato respinto. Duro colpo allo spaccio di droga nel centro storico, sequestrati hashish e marijuana: controlli anche in vari quartieri maxi controllo del territorio da parte dei carabinieri di Agrigento in diversi quartieri della città dei Templi, con particolare attenzione ai i vicoli del centro storico nella zona di piazza Ravanusella dove nei mesi scorsi i militari avevano fatto scattare il blitz antidroga “Piazza pulita”. Le attività disposte dal comando provinciale dell’arma, oltre al contrasto alle attività di spaccio di sostanze stupefacenti, sono state mirate anche per reprimere il triste fenomeno dei furti in abitazione. Cinque sono state le pattuglie impiegate che hanno setacciato non solo i vicoli del vecchio nucleo urbano ma anche i quartieri di San Leone, Villaseta e Villaggio Mosè. Sessanta sono stati gli autoveicoli controllati, circa 180 invece le persone identificate. Durante i controlli, è stata scoperta della sostanza stupefacente, hashish e marijuana. Al vaglio dei carabinieri ci sarebbe la posizione di due cittadini extracomunitari, ritenuti presunti pusher Rischio Coronavirus”, il gruppo della Cina non parteciperà al Mandorlo in fiore Il richio epidemico del Coronavirus non influenzerà la 75esima edizione del Mandorlo in Fiore di Agrigento in programma dal 28 febbraio al 8 marzo prossimi. Cinesi in arrivo per il loro Capodanno: vertice sul Coronavirus in Comune L’ente organizzatore, il Parco archeologico Valle dei Templi di Agrigento, ha precisato che, salvo ulteriori complicazioni, il virus che terrorizza il mondo non dovrebbe inficiare sullo svolgimento della kermesse folklorica. Coronavirus, Tedesco: “Bloccare i flussi provenienti dalla Cina” “Questa edizione andrà avanti – spiega, ai microfoni di AgrigentoNotizie, il direttore del Parco archeologico Valle dei Templi: Roberto Sciarratta – . Avevamo previsto di invitare un gruppo proveniente dalla Cina che aveva dato l’adesione, ma ci ha fatto sapere che a causa del problema sanitario non potranno partecipare”.