
Il giudice relatore non può sub-delegare al giudice onorario l’audizione del richiedente
13 Novembre 2020
Come dividere la pensione di reversibilità tra prima e seconda moglie?
17 Novembre 2020PENALE e PROCESSO
Delitti contro la persona
Palpeggiamento: è violenza sessuale?
Redatto da Attilio Ievolella – Fonte: Diritto e Giustizia
Definitiva la responsabilità penale di un uomo, colto a palpeggiare in strada una ragazzina. Decisivo il racconto fornito da un passante, divenuto testimone fondamentale per l’accusa. Inequivocabile, secondo i Giudici, il comportamento tenuto dall’uomo ai danni della minorenne.
(Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza n. 31737/20; depositata il 12 novembre)
Palpeggiare in strada una ragazzina vale una condanna per violenza sessuale. Impossibile ridimensionare il comportamento dell’uomo beccato da un semplice passante ad approcciare una minorenne a spasso con alcuni amici. Irrilevante, infine, la…
Per la lettura completa dell’articolo: Diritto e Giustizia
Contatta QUI la segreteria per poter fissare il tuo appuntamento in studio, telefonico oppure online con un avvocato o un professionista dello Studio Legale Zambuto di Agrigento.
soggiorno agrigento permesso soggiorno agrigento permesso soggiorno agrigento permesso soggiorno agrigento permesso soggiorno agrigento permesso soggiorno agrigento permesso
PENALE e PROCESSO Delitti contro la persona Palpeggiamento: è violenza sessuale? Redatto da Attilio Ievolella – Fonte: Diritto e Giustizia Definitiva la responsabilità penale di un uomo, colto a palpeggiare in strada una ragazzina. Decisivo il racconto fornito da un passante, divenuto testimone fondamentale per l’accusa. Inequivocabile, secondo i Giudici, il comportamento tenuto dall’uomo ai danni della minorenne. (Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza n. 31737/20; depositata il 12 novembre) Palpeggiare in strada una ragazzina vale una condanna per violenza sessuale. Impossibile ridimensionare il comportamento dell’uomo beccato da un semplice passante ad approcciare una minorenne a spasso con alcuni amici. Irrilevante, infine, la presunta mancanza di uno scopo libidinoso. (Cassazione, sentenza n. 31737/20, sez. III Penale, depositata il 12 novembre). A finire sotto processo è un uomo che viaggia verso i 70 anni di età. A suo carico le dichiarazioni di un altro uomo che lo ha visto palpeggiare in strada il sedere di una ragazzina, lo ha pedinato e lo ha poi segnalato alle forze dell’ordine. Pesantissima l’accusa: violenza sessuale. In primo grado, però, pur ricostruito nei dettagli l’episodio, i giudici ritengono l’uomo non punibile, poiché, spiegano, «è mancata la prova del fine di libidine» nel gesto compiuto ai danni della ragazzina. Di parere opposto sono invece i giudici d’Appello. Questi ultimi accolgono le obiezioni proposte dalla Procura e condannano l’uomo «alla pena sospesa di dieci mesi di reclusione» per la violenza sessuale consistita nell’«avere palpeggiato, in modo repentino, il gluteo di una minore». Per il difensore dell’uomo, però, l’episodio va letto in un’ottica diversa. Così col ricorso in Cassazione sostiene che la condotta tenuta dal suo cliente non possa essere «qualificata come atto sessuale», vista «la mancanza di prova circa la parte del corpo toccata» – non essendo stata la persona offesa mai escussa né identificata – e vista «l’assenza del fine di libidine». Il legale poi pone in evidenza anche «l’incertezza sull’età della vittima – col conseguente dubbio sulla procedibilità d’ufficio del reato –» e, infine, «il totale disinteresse mostrato dalla ragazza per il procedimento penale», disinteresse che «avrebbe dovuto indurre il giudice a interpretare in chiave di favor rei la nozione di ‘volontaria sottrazione all’esame’ che, per gli artt. 111, comma 4, cost. e 526, comma 1, c.p.p., impedisce l’affermazione della penale responsabilità», conclude il legale. Prima di ribattere alle obiezioni difensive, dalla Cassazione richiamano i dettagli della vicenda, sottolineando che «l’uomo, nell’imboccare a piedi un porticato cittadino, provenendo dall’adiacente carreggiata e passando vicino ad un gruppetto di ragazzini, palpeggiò il sedere di una di loro, che indossava pantaloncini corti, dandole una stretta al gluteo». Decisivo il peso probatorio della testimonianza fornita da un passante che «vide chiaramente l’uomo, il quale, giratosi, toccò il sedere alla ragazzina, dandole una toccata, una schiacciata». E «il casuale testimone – che non conosceva né l’uomo, né la persona offesa – ebbe una reazione del tutto coerente: immediatamente accortosi dell’intenzionalità del palpeggiamento, rimproverò l’uomo, contestandogli il fatto, seguendolo e telefonando alle forze di polizia, che poi intervennero identificando il soggetto». E quest’ultimo, dopo aver «invano tentato di dileguarsi», accorgendosi che il testimone continuava a seguirlo e che stava contattando telefonicamente la polizia, «gli propose del denaro per farlo desistere, gli disse “di lasciarlo stare”, che “c’era anche sua moglie”, che “non l’avrebbe fatto più”». Nessun dubbio, quindi, osservano dalla Cassazione, che «si sia trattato di un intenzionale palpeggiamento del sedere della ragazzina che indossava pantaloncini corti, fatto dall’uomo in modo repentino, passando a fianco del gruppetto di coetanei in cui ella si trovava, per poi allontanarsi con rapidità (cosa che pure fecero, spaventati, i giovani)». Logico catalogare il comportamento come «violenza sessuale», contrariamente a quanto stabilito dai giudici del Tribunale, i quali hanno ritenuto «ritiene necessaria la prova del ‘fine di libidine per ritenere integrato il reato di violenza sessuale». Su questo fronte i magistrati del Palazzaccio considerano irrilevante «la finalità di concupiscenza sessuale», poiché «ai fini della configurabilità del delitto di violenza sessuale» è sufficiente che «il colpevole raggiunga le parti intime della persona offesa (zone genitali o comunque erogene), essendo indifferente che il contatto corporeo sia di breve durata, che la vittima sia riuscita a sottrarsi all’azione dell’aggressore o che quest’ultimo consegua la soddisfazione erotica». Peraltro, «l’elemento della violenza può estrinsecarsi, nel reato di violenza sessuale, oltre che in una sopraffazione fisica, anche nel compimento insidiosamente rapido dell’azione criminosa tale da sorprendere la vittima e da superare la sua contraria volontà, così ponendola nell’impossibilità di difendersi». Da ricordare poi, aggiungono dalla Cassazione, che «quanto all’elemento soggettivo non è necessario che la condotta sia specificamente finalizzata al soddisfacimento del piacere sessuale dell’agente, essendo sufficiente che questi sia consapevole della natura oggettivamente sessuale dell’atto posto in essere volontariamente, ossia della sua idoneità a soddisfare il piacere sessuale o a suscitarne lo stimolo, a prescindere dallo scopo perseguito», e, più in particolare, «l’elemento soggettivo del reato di violenza sessuale è integrato dal dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di compiere un atto invasivo e lesivo della libertà sessuale della persona offesa non consenziente». In questa vicenda, «la parte del corpo attinta dal palpeggiamento è certamente erogena, e, comunque, non sessualmente indifferente», e comunque «la dinamica» dell’episodio «restituisce l’evidenza di una chiara intrusione» compiuta dall’uomo «nella sfera sessuale di una ragazzina sconosciuta», concludono dalla Cassazione.