Le trasfusioni di emoderivati
L’azione di risarcimento dei danni da emotrasfusioni o emoderivati trae origine nella maggioranza dei casi da un fatto dannoso che colpisce il soggetto che, per una sua patologia congenita (emofilia, o talassemia) è costretto con periodicità in tutto l’arco della sua vita a sottoporsi ad emotrasfusioni e ad assumere emoderivati, presso una o più strutture sanitarie. In un minor numero di casi, il contagio avviene in conseguenza di un singolo fatto traumatico: l’operazione chirurgica, il parto, l’infortunio che rendono necessaria una trasfusione.
Nella prima serie di casi è particolarmente complesso individuare con precisione quale sia stata la singola trasfusione o la somministrazione di prodotti che abbia causato la contrazione del virus, e quindi quale sia il medico responsabile e in certi casi anche presso quale struttura sia avvenuto il contagio. Di conseguenza, i soggetti danneggiati nella maggior parte dei casi preferiscono indirizzare l’azione verso il Ministero della salute, facendo valere la sua responsabilità per i danni causati dalla violazione dei doveri di sorveglianza e di controllo che su di esso gravano in quanto primo responsabile della raccolta e distribuzione del sangue, nonché della prevenzione dei rischi, piuttosto che verso il singolo medico o la singola struttura ospedaliera, sia essa pubblica o privata, ipoteticamente responsabile. In taluni casi, alla ipotizzata responsabilità del Ministero si affianca quella, contrattuale del medico o dell’ospedale.
Nella seconda serie di casi, in cui le patologie sono contratte da un soggetto a seguito di un singolo fatto potenzialmente dannoso, l’unicità dell’assunzione del prodotto a rischio spinge spesso il danneggiato ad indirizzare l’azione nei confronti del soggetto, o della struttura, che ritiene responsabile del suo contagio. In questi casi, molto più frequentemente l’azione è rivolta verso il singolo medico responsabile, e a questa eventualmente si affianca la richiesta di accertamento della responsabilità della struttura, pubblica o privata, all’interno della quale egli operava, ed eventualmente anche, a diverso titolo, quella del Ministero della salute. In questi termini si è notato come:
“In tema di danno alla salute, conseguente ai trattamenti sanitari, oltre al risarcimento del danno in base alla previsione di cui all’art. 2043 cod. civ., la vittima ha diritto alla corresponsione di un equo indennizzo, qualora il danno, non derivante da fatto illecito, sia conseguenza dell’adempimento di un obbligo legale ed alla prestazione di misure di sostegno assistenziale disposte dal legislatore nell’ambito della propria discrezionalità, ove ne ricorrano i presupposti, a norma degli artt. 2 e 38 Cost. In tal ultima ipotesi rientra la situazione giuridica di coloro i quali siano affetti da epatite. Per la tutela della posizione giuridica di costoro, infatti, è intervenuto il legislatore con la legge n. 210 del 1992, prevedendo la corresponsione, in loro favore, di un indennizzo consistente in una misura di sostegno economico fondato sulla solidarietà collettiva garantita ai cittadini alla stregua degli artt. 2 e 38 Cost., a fronte di eventi determinati da una situazione di bisogno. La ratio di tale misura risiede nell’insufficienza dei controlli sanitari predisposti nel settore”. (Cass. civ., sez. lav., 27 settembre 2013, n. 22256 ).
Dall’impostazione della causa come volta a far valere la responsabilità contrattuale o extracontrattuale del convenuto discendono le note differenze in relazione al termine, decennale o quinquennale, di prescrizione dell’azione, di decorrenza del termine di prescrizione, di contenuto dell’onere probatorio in relazione al nesso causale e alla responsabilità colposa o dolosa del convenuto, di ampiezza dell’area del danno risarcibile.
Le vaccinazioni
Le vaccinazioni rappresentano senza dubbio uno degli interventi più importanti nella storia e nell’attualità della medicina. Il controllo di molte malattie infettive è stato possibile nel secolo scorso grazie soprattutto alle vaccinazioni. Con l’eccezione della fornitura di acqua potabile, nessun altro intervento, neppure gli antibiotici, ha avuto un simile impatto sulla riduzione della mortalità e la crescita della popolazione mondiale.
Per rimanere all’Italia, l’impatto dei programmi vaccinali universali dell’infanzia è risultato particolarmente efficace come dimostrano la scomparsa, a partire degli anni ’70, della difterite o del tetano, il cui contenimento, pur con problemi legati alla copertura immunitaria della popolazione adulta, ha consentito di ridurre notevolmente il numero dei casi segnalati rispetto ad alcuni decenni fa.
Sebbene permanga la distinzione tra vaccinazioni obbligatorie e facoltative, già con il decreto del Ministero della sanità del 7 aprile 1999, in cui è stato delineato il nuovo calendario delle vaccinazioni, veniva segnato un ulteriore snodo di passaggio nella promozione delle vaccinazioni raccomandate, eliminando la distinzione di importanza tra le immunizzazioni obbligatorie e quelle facoltative ma attivamente offerte.
La Corte costituzionale, infatti, ha comunque dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale delle leggi 27 maggio 1991, n. 165, 4 febbraio 1966, n. 51, 6 giugno 1939, n. 891, 5 marzo 1963, n. 292 e 20 marzo 1968, n. 419, che prevedono le vaccinazioni obbligatorie (rispettivamente antiepatite B, antipolio, antidifterica e antitetanica), sollevate in riferimento all’art. 32 Cost., in quanto non prevederebbero la necessità di accertamenti preventivi, idonei quanto meno a ridurre il rischio, pur percentualmente modesto, di lesioni della integrità psico-fisica per complicanze da vaccino, volti alla verifica della sussistenza di eventuali controindicazioni alla vaccinazione nonché della specificazione dei tipi di accertamenti che debbono a tal fine compiersi (Corte cost., 23 giugno 1994, n. 258).
In tale pronuncia, la Corte ha rilevato che le citate leggi sono finalizzate alla tutela della salute collettiva e che la loro compatibilità con il precetto costituzionale di cui all’art. 32 Cost. postula il contemperamento tra i valori, ivi contemplati, del diritto alla salute della collettività e del diritto alla salute del singolo, sicché l’eventuale introduzione di una disciplina normativa puntuale e specifica, a tutela di quest’ultimo, la quale imponga l’obbligatorietà di accertamenti preventivi idonei a ridurre, se non ad eliminare, il rischio sia pure percentualmente modesto di lesioni all’integrità psico-fisica dell’individuo per complicanze da vaccino, potrebbe realizzarsi solo attraverso un corretto bilanciamento tra entrambi i detti valori, implicante ineludibilmente l’intervento del legislatore.
Per tale motivo la misura indennitaria di cui alla legge n. 210/1992 appare per se stessa destinata non tanto, come quella risarcitoria, a riparare un danno ingiusto, quanto piuttosto a compensare il sacrificio individuale ritenuto corrispondente a un vantaggio collettivo: sarebbe, infatti, irragionevole che la collettività possa, tramite gli organi competenti, imporre o anche solo sollecitare comportamenti diretti alla protezione della salute pubblica senza che essa poi non debba reciprocamente rispondere delle conseguenze pregiudizievoli per la salute di coloro che si sono uniformati.
L’indennizzo per i danneggiati da vaccinazioni ed emotrasfusioni.
All’inizio degli anni ’90, quando la società cominciava a prendere coscienza del rischio connesso al virus Aids e, al contempo, il fenomeno del contagio a seguito di somministrazione di sangue o emoderivati infetti veniva ad assumere dimensioni allarmanti, lo Stato interveniva con una misura di solidarietà sociale di tipo assistenziale, approvando la legge 25 febbraio 1992, n. 210, che prevede non un pieno risarcimento del danno subito dai soggetti contagiati, ma un indennizzo a carico dello Stato. La legge nasce con l’intento di garantire un sostegno a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile, a causa non solo di vaccinazioni obbligatorie, ma anche di trasfusioni e somministrazione di emoderivati, a prescindere dalla individuazione di ogni profilo di colpa in conformità alla pronuncia della Corte costituzionale 22 giugno 1990, n. 307, relativa proprio agli effetti…..
Per sapere di più: Diritto24
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