Autoriciclaggio
Redatto da Giovanni Tringali Fonte: Altalex.com
Commette il delitto di autoriciclaggio chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa (art. 648-ter.1 c.p.)
Premessa
Come è noto, la legge n. 186 del 15 dicembre 2014 ha introdotto, con decorrenza 1° gennaio 2015, il delitto di autoriciclaggio.
La ratio dell’autoriciclaggio, per come è configurata la norma, sembra quella di evitare inquinamenti dell’economia legale e, quindi, di sanzionare l’autore del delitto presupposto che autoricicli i proventi del delitto precedentemente commesso.
Non è infrequente che le risorse, illecitamente ottenute, vengano investite in attività economiche lecite per produrre “frutti ulteriori” che, tuttavia, saranno a monte inquinati dalla derivazione da risorse illecite originarie.
Prima di entrare nel merito circa la particolare predisposizione di taluni reati ad essere presupposto dell’autoriciclaggio (quelli tributari, societari e fallimentari), si è pensato utile fornire una scheda sintetica, pratica, delle caratteristiche del reato de quo.
Secondo la c.d. legge di Gresham, agente di commercio al servizio della monarchia britannica, enunciata nel lontano 1551, “la cattiva moneta in circolazione scaccia quella buona”.
Art. 648-ter.1. c.p. -Autoriciclaggio
Ordine pubblico economico e finanziario (in relazione alla libera concorrenza), nonché l’amministrazione della giustizia. Si tratterebbe di reato plurioffensivo.
Chiunque abbia commesso, o concorso a commettere, un delitto non colposo. E’ quindi un reato proprio.
Dolo generico consistente nella coscienza e volontà di impiegare, sostituire o trasferire in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di un delitto non colposo anteriormente commesso.
Posto che la norma sull’autoriciclaggio punisce soltanto quelle attività di impiego, sostituzione o trasferimento di beni od altre utilità commesse dallo stesso autore del delitto presupposto, occorre che queste attività abbiano la caratteristica specifica di essere “idonee” ad ostacolare concretamente l’identificazione della provenienza delittuosa dei suddetti beni o altre utilità. Secondo i giudici, il legislatore ha utilizzato l’avverbio “concretamente” volendo delineare una condotta dotata di particolare capacità dissimulatoria, di conseguenza non sarebbe rilevante una condotta che solamente rallentasse le operazioni di identificazione della provenienza illecita dei beni.
Per attività economica può farsi riferimento a norme di matrice civilistica ossia all’art. 2082 c.c., mentre per attività finanziaria è utile rapportarsi all’art. 106 del D.lgs. 1° settembre 1993, n. 385 (Testo Unico Bancario) disposizioni queste che, sebbene non risolvano del tutto le incertezze, certamente denotano una indubbia valenza orientativa. Si ritiene che l’ulteriore elencazione – attività imprenditoriali e speculative – sia ridondante.
Certamente non costituisce attività finanziaria accreditare somme di denaro illecite su una carta di credito prepagata (cfr. sentenza n. 33074 del 14 luglio 2016).
Si tratta di reato a consumazione istantanea. Chiaramente esiste la possibilità che vengano realizzate più condotte di autoriciclaggio relative al medesimo profitto in tempi diversi: in questo caso soltanto alcune di esse integrano la fattispecie di cui all’art. 648-ter.1 c.p. ossia quelle poste in essere dopo l’entrata in vigore della norma.
D’altro canto, se il primo atto di reimpiego è avvenuto dopo il primo gennaio 2015 e si è protratto nel tempo, in varie occasioni, la consumazione dovrebbe coincidere con la data dell’ultimo reinvestimento dotato di capacità ostacolatoria della provenienza illecita (momento che segnerebbe anche la decorrenza della prescrizione).
Segue le norme generali dell’art. 157 c.p., quindi il reato si estingue decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge.
E’ possibile secondo quanto previsto dall’art. 56 c.p..
D’ufficio.
Approfondimenti
Iniziamo dal mettere a confronto i due testi:…
Per la lettura completa dell’articolo: Altalex.com
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