Adozione
Lo stato di adottabilità del minore va accertato con particolare rigore
Deve essere valutata anche la capacità educativa e affettiva di tutti i membri della famiglia, anche se non ne fanno parte formalmente
La valutazione dello stato di adottabilità deve essere effettuata in modo rigoroso, e non prima di aver posto in essere tutte le misure di sostegno possibili per eliminare le criticità riscontrate nell’ambito del nucleo genitoriale originario, e dopo aver valutato la presenza di membri “adatti”, anche se non formalmente familiari.
Redatto da Luca Tantalo – Avvocato
Cass. civ., sez. I, ord., 16 novembre 2021, n. 34714
Ancora una volta, questo è il principio ribadito dall’ordinanza n. 34714 della I Sezione Civile della Suprema Corte, emessa nella camera di consiglio del 17 maggio 2021 e depositata il successivo 16 novembre, con ampia e articolata motivazione a sostegno dell’accoglimento, seppur parziale, del ricorso.
Il caso. La questione sottoposta alla Suprema Corte riguardava l’appello proposto dal nonno (e dalla sua compagna) di un bambino, avverso la sentenza del Tribunale per i minorenni …..
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Famiglia Adozione Lo stato di adottabilità del minore va accertato con particolare rigore Deve essere valutata anche la capacità educativa e affettiva di tutti i membri della famiglia, anche se non ne fanno parte formalmente La valutazione dello stato di adottabilità deve essere effettuata in modo rigoroso, e non prima di aver posto in essere tutte le misure di sostegno possibili per eliminare le criticità riscontrate nell’ambito del nucleo genitoriale originario, e dopo aver valutato la presenza di membri “adatti”, anche se non formalmente familiari. Redatto da Luca Tantalo – Avvocato Cass. civ., sez. I, ord., 16 novembre 2021, n. 34714 Ancora una volta, questo è il principio ribadito dall’ordinanza n. 34714 della I Sezione Civile della Suprema Corte, emessa nella camera di consiglio del 17 maggio 2021 e depositata il successivo 16 novembre, con ampia e articolata motivazione a sostegno dell’accoglimento, seppur parziale, del ricorso. Il caso. La questione sottoposta alla Suprema Corte riguardava l’appello proposto dal nonno (e dalla sua compagna) di un bambino, avverso la sentenza del Tribunale per i minorenni di Milano che ne aveva dichiarato lo stato di adottabilità. Nel provvedimento impugnato, era stata confermata la decisione di primo grado, dapprima con decreto interinale del 2018 e in seguito con sentenza del 2020, secondo gli odierni ricorrenti, come vedremo, viziata tra l’altro per essere stata presa basandosi su elementi riscontrati due anni prima; mentre non erano state prese in considerazione circostanze nuove ed emerse successivamente, che potevano far pensare che almeno alcuni membri della famiglia, seppure non di primo grado e coadiuvati da membri esterni solo formalmente, potessero essere adatti ad avere un rapporto con il bambino oggetto del provvedimento di adozione. Secondo la Corte territoriale, che aveva confermato il provvedimento di primo grado, i genitori non erano adatti per il ruolo. Infatti, la madre era tossicodipendente e non si era mai interessata al figlio, così come il padre che aveva anche precedenti per violenza nei confronti della stessa. Il nonno era stato ritenuto ugualmente inadeguato, mentre l’unica persona con cui effettivamente il bambino sembrava poter aver raggiunto dei buoni rapporti, era la compagna del nonno, la quale però non aveva con lui alcun rapporto parentale. Di conseguenza la Corte d’appello aveva confermato la sentenza di primo grado e lo stato di adottabilità del minore. Contro tale provvedimento hanno proposto ricorso per Cassazione il nonno e la sua stessa compagna, mentre resisteva con controricorso il tutore del minore. Nel ricorso, tra le altre cose veniva dedotto il vizio di motivazione del provvedimento impugnato riguardo alla valutazione di inidoneità degli stessi, in quanto fondata solo su valutazioni datate due anni prima della decisione; veniva inoltre dedotta l’omessa valutazione delle attuali condizioni psicofisiche del minore e della effettiva incidenza sullo sviluppo della personalità dello stesso del supporto e della relazione instaurata con il nonno e con la sua compagna, percepita da lui come nonna. Resisteva con controricorso il tutore del minore. Nel verificare la relazione del minore con le figure vicarianti che hanno dimostrato la disponibilità a rivestire tale ruolo, deve essere dato rilievo alla costruzione di un nucleo familiare, ancorché con soggetti non identificabili come formalmente legittimati a partecipare al processo perché estranei alla linea di parentela. La decisione della Corte. La Suprema Corte ha ribadito la mancanza di legittimazione attiva della compagna del nonno virgola in quanto espressamente esclusa dalla normativa che si riferisce ai parenti sino al quarto grado. Ciò nonostante, ha ribadito che l’accertamento dello stato di adottabilità deve essere particolarmente rigoroso, data la sua estrema gravità. All’interno di questa indagine non può essere escluso un rilievo importante a soggetti che pur formalmente non appartenenti al nucleo familiare, in realtà ne facciano effettivamente parte, come la compagna del nonno nel caso che ci occupa e che abbiano dato la loro disponibilità a stabilire un rapporto con il minore dando neanche effettiva prova. Secondo la Suprema Corte, nella sentenza impugnata vi è stata una radicale carenza di indagine e di giustificazione, dal punto di vista motivazionale, della valutazione negativa del ricorrente, genitore della madre del minore e quindi nonno dello stesso, come figura vicariale cui affidare il minore. Secondo l’ordinanza in commento, la Corte d’Appello ha limitato la sua valutazione richiamando un provvedimento provvisorio del 2018, senza svolgere alcuna ulteriore indagine su quanto dichiarato dai ricorrenti. In particolare, nessuna indicazione veniva fornita relativamente a quanto asserito dagli allora ricorrenti sulla partecipazione diretta alla cura del minore del nonno e della sua compagna, giudicati inidonei senza una vera indagine e senza una vera motivazione. Se vi fosse stata, secondo l’ordinanza, avrebbe potuto accertare l’idoneità del ricorrente, coadiuvato dalla compagna, con la quale il minore aveva stabilito un buon rapporto, pur non facente strettamente parte della famiglia, ad assumere un ruolo vicariale e a garantire assistenza e affettività al bambino. Inoltre, secondo la Suprema Corte, non vi è stata alcuna indagine relativa alle conseguenze sullo sviluppo psico-fisico del minore della rescissione della relazione con il nucleo formato dal nonno materno e la sua compagna, per altro valutato positivamente quanto alla prosecuzione del rapporto e del legame affettivo con la sorella più piccola del minore. Solo a seguito di questa rigorosa indagine, secondo l’ordinanza in commento si sarebbe potuta formulare una valutazione adeguata dell’interesse del minore a conservare la situazione attuale o meno, eventualmente mediante iniziative che potessero coinvolgere i ricorrenti. Essendo mancata questa indagine, la Suprema Corte ha rinviato al giudice del merito perché proceda all’accertamento omesso e alla decisione sulle spese processuali. Cass. civ., sez. I, ord., 16 novembre 2021, n. 34714 Presidente Bisogni – Relatore Acierno Fatti di causa e ragioni della decisione 1.La Corte d’Appello di Venezia, confermando la pronuncia di primo grado ha dichiarato lo stato di adottabilità del minore Z.F. L’appello principale era stato proposto da Z.T., padre di Z.A., madre del minore e da L.L., compagna convivente di Z.T. I genitori del minore avevano proposto appello incidentale. 1.1. La corte territoriale, a sostegno della pronuncia, ha, in primo luogo, ripercorso l’accertamento svolto dal Tribunale per i minorenni, evidenziando che entrambi i genitori avevano manifestato gravi carenze in quanto la madre era tossicodipendente in terapia ed il padre F.W. era segnalato per violenze e maltrattamenti nei confronti della madre. Ugualmente inadeguato era stato ritenuto Z.T. mentre l’unica persona in grado di essere una risorsa per il minore si era rivelata L.L. La più recente relazione del 25/11/2019 aveva confermato la valutazione negativa sopra illustrata, rilevando che non vi erano stati contatti nè richieste da parte dei genitori biologici mentre il nonno Z.T. e la compagna L.L. avevano continuato ad incontrare in forma protetta la sorella del minore che Z.A. aveva avuto con altro partner. Nella nota del 20/2/2020 inviata dal Consultorio familiare presso la ASL n. 6, è stato evidenziato che nei due anni e mezzo di inserimento nella famiglia affidataria la situazione del minore si era evoluta in termini positivi. 1.3 Con decreto n. 10/2/2018 la Corte d’Appello ha confermato l’affidamento etero familiare del minore con interruzione di ogni rapporto sia con i genitori sia con i rispettivi nuclei familiari. 1.4 La Corte d’Appello ha ritenuto ancora validi i rilievi svolti nel predetto decreto, evidenziando che non erano state rappresentate circostanze sopravvenute rispetto al provvedimento interinale tali da giustificare una modificazione del regime vigente: in particolare, esaminate tutte le figure adulte si è pervenuti alla conclusione che soltanto L.L. è risultata in grado di prendersi cura del minore ma è priva di rapporti di parentela con lo stesso e, di conseguenza, non può avere alcun potere o responsabilità giuridicamente rilevante. 1.5 In questo quadro la Corte ha rigettato anche la richiesta subordinata di Z.T. e L.L. di revoca della sospensione dei rapporti tra loro ed il nipote perché non devono essere introdotti elementi che compromettano il percorso di ricostruzione familiare ormai avviato in modo stabile e proficuo ad esclusivo beneficio del minore. 1.6 I minore può tuttavia continuare gli incontri con la sorella minore nell’ordine indicativo di due al mese. 2. Avverso tale pronuncia hanno proposto ricorso per cassazione Z.T. e L.L., accompagnato da memoria. Ha resistito con controricorso il tutore del minore. 3. Nel primo motivo viene dedotto il vizio di motivazione apparente del provvedimento impugnato per quanto riguarda la valutazione di inidoneità dei ricorrenti, riferita come fondata su valutazioni datate due anni prima della decisione. 4. Con il secondo motivo è stato dedotto il vizio di omessa motivazione in ordine all’istanza formulata anche dal P.G. di disporre una consulenza tecnica d’ufficio sulle capacità vicarianti di L.L. e Z.T. 5. Con il terzo motivo è stata dedotta l’omessa valutazione delle attuali condizioni psico fisiche del minore e dell’effettiva incidenza sullo sviluppo della personalità del minore del supporto e della relazione instaurata con i nonni. 6. Con il quarto motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 336 c.c., per non essere stato ascoltato il minore. 7. La parte controricorrente ha dedotto preliminarmente il difetto di legittimazione attiva di L.L., in quanto non parente entro il quarto grado del minore. 7.1 L’eccezione è fondata. La L. n. 184 del 1983, art. 12, stabilisce espressamente che il Tribunale per i minorenni è tenuto ad indagare in relazione all’esistenza di parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi con il minore, al fine di verificare la concreta possibilità di un affidamento dello stesso all’interno del nucleo familiare di origine nel rispetto di quanto stabilito nell’art. 1 della medesima legge. La condizione fattuale costituita dall’esistenza di rapporti significativi può essere valutata anche alla stregua della disponibilità e dalla collaborazione dimostrata dai parenti entro il quarto grado nell’organizzazione degli incontri con il minore nel caso quest’ultimo sia stato allontanato dai genitori biologici in tenera o tenerissima età. 7.1 La ratio della norma si coglie nell’incipit dell’art. 1, della legge, nel quale è affermato solennemente il diritto del minore di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia, senza che una soluzione diversa possa essere giustificata per ragioni “di etnia, di età, di lingua, di religione e nel rispetto della identità culturale del minore e comunque non in contrasto con i principi fondamentali dell’ordinamento” (art. 1, comma 3) e non prima di aver posto in essere misure di sostegno delle criticità riscontrate nell’ambito del nucleo genitoriale originario. Il legislatore ha dato rilievo preminente, ancorché non assoluto, nella formulazione della norma, al diritto del minore alla costruzione di un’identità coerente con il nucleo familiare e relazionale all’interno del quale è nato, valorizzando in funzione della rilevanza della famiglia di origine le figure parentali idonee ad assumere una funzione vicariante. La predeterminazione del grado di parentela e la limitazione ad alcune categorie di parenti della funzione indicata nella L. n. 184 del 1983, artt. 11,12 e 13, non contrasta con il rilievo di pari grado attribuito al diritto del minore alla continuità affettiva e relazionale, riconosciuto di recente dalla Corte Costituzionale (sent. n. 272 del 2017) anche in funzione di necessario bilanciamento del cd. favor veritatis, nelle azioni volte alla costituzione o demolizione degli status genitoriali, dal momento che la limitazione legislativa ha la funzione specifica di ampliare, oltre al nucleo genitoriale in senso stretto, il perimetro familiare all’interno del quale deve essere svolta la rigorosa e doverosa indagine a carico del Tribunale per i minorenni, prima di dichiarare lo stato di abbandono che giustifica l’adottabilità. Ne consegue che la predeterminazione normativa del grado di parentela è stata del tutto ragionevolmente fissata sulla base di una valutazione probabilistica delle figure parentali più frequentemente coinvolte nella relazione con il minore (nonni e fratelli e sorelle dei genitori), tenuto conto della necessità di svolgere efficacemente e celermente le indagini necessarie, in quanto necessitate da una sopravvenuta condizione di grave criticità della condizione del minore tale da giustificare, nella maggioranza dei casi una collocazione quanto meno temporanea fuori dell’ambiente genitoriale ed all’interno del sistema pubblicistico di protezione del minore, secondo quanto imposto dalla L. n. 184 del 1983, art. 1 comma 2. 7.2 La definizione del grado di parentela, pertanto, è esclusivamente finalizzata a determinare l’ambito soggettivo delle indagini del Tribunale per i minorenni relativamente al rinvenimento all’interno della famiglia di origine di figure vicarianti e a definire, conseguentemente, la legittimazione processuale delle parti del procedimento destinato all’accertamento della condizione di abbandono del minore. La capacità educativa e affettiva di soggetti che ancorché formalmente non rientranti nel nucleo parentale previsto dalla legge, ne fanno parte sul piano dell’effettività e sono in grado di stabilire (o hanno già stabilito) rapporti significativi con il minore, riveste, tuttavia, un rilievo primario nel presente giudizio sotto due profili. Nell’esame che deve compiere il giudice del merito del preminente interesse del minore, è necessario verificare, in primo luogo, se la definitiva recisione dei rapporti con figure significative sul piano affettivo e relazionale strettamente collegate ai parenti giuridicamente qualificati corrisponda al preminente interesse del minore. Non è sufficiente a sostenere questo doveroso accertamento, la verifica delle condizioni del minore nella famiglia affidataria senza alcuna comparazione con la relazione del minore con le figure vicarianti che hanno dimostrato in via effettiva la propria disponibilità a rivestire tale ruolo. All’interno di questa indagine deve essere dato rilievo centrale alla costruzione di un nucleo familiare ancorché con soggetti non identificabili come formalmente legittimati a partecipare al processo perché estranei alla linea di parentela. 7.4 Così circoscritta la funzione della delimitazione legislativa delle parti del procedimento di adottabilità, se ne può escludere l’incompatibilità sia con i principi costituzionali di tutela del minore che con il diritto alla vita familiare ex art. 8 Cedu, secondo la declinazione offerta dalla Corte Edu, rimanendo centrale l’indagine sulla necessità e la corrispondenza effettiva al preminente interesse del minore della recisione dei legami con tutte le figure relazionali significative od adeguate riconducibili al suo nucleo familiare di provenienza. 8. L’applicazione dei principi esposti conduce alla formale dichiarazione del difetto di legittimazione attiva di L.L. ed all’accoglimento del ricorso proposto da Z.T. nei limiti di cui in motivazione. 9. I motivi, da esaminare unitariamente, salvo l’ultimo relativo all’ascolto del minore, evidenziano la radicale carenza d’indagine e giustificazione motivazionale della valutazione negativa del ricorrente, genitore della madre del minore, come figura vicariale cui affidare il minore. 9.1 La Corte d’Appello fonda la propria valutazione esclusivamente richiamando un proprio provvedimento interinale del 2018, peraltro limitato alla conferma della sospensione dell’esercizio della responsabilità genitoriale ed all’affidamento eterofamiliare. La motivazione della conferma della situazione cristallizzata al 2018 è meramente apparente e non tiene conto del diverso contenuto ed effetti del provvedimento richiamato per relationem, sul rilievo dell’insussistenza di circostanze sopravvenute tali da giustificare una revisione del giudizio. Nessuna indicazione, tuttavia, viene fornita, relativamente ai fatti valutati come recessivi nè viene svolta alcuna indagine in relazione a due elementi di peculiare rilievo. Il primo riguarda il nucleo familiare del nonno materno e la partecipazione diretta alla cura del minore della compagna L.L., ritenuta del tutto adeguata a tale funzione. La conclusione della Corte d’Appello sul ricorrente, oltre ad essere priva di motivazione esplicita, seguente ad un esame attuale dell’attitudine e capacità vicariante di Z.T., ne ha ritenuto l’inidoneità isolatamente e senza tenere in alcun conto la disponibilità e le capacità di L.L., ignorando la situazione di stabilità relazionale e familiare con la quale il minore avrebbe potuto interagire in diverse modulazioni. Il secondo elemento riguarda la radicale parzialità della valutazione del preminente interesse del minore, considerato soltanto in relazione alla valutazione positiva del periodo trascorso con la famiglia affidataria ma senza alcuna indagine relativa alle conseguenze sul suo sviluppo psico fisico della recisione della relazione con il nucleo formato dal nonno materno e la sua compagna. Tale nucleo, peraltro, è stato positivamente valutato quanto alla prosecuzione del rapporto e del legame affettivo con la sorella più piccola del minore, senza che tale aspetto sia stato considerato o posto in correlazione critica con l’opposta conclusione quanto al piccolo Fares. Fondatamente, pertanto, i ricorrenti censurano, in particolare l’omesso accoglimento della richiesta di consulenza psicologica valutativa dell’attitudine e delle capacità vicarianti del nucleo familiare costituito dal nonno materno e dalla sua compagna nonché dell’eventuale pregiudizio conseguente alla recisione di questa relazione (in contrasto con la conservazione del legame con la sorella minore) per lo sviluppo della personalità del minore. 9.2 Solo all’esito di questa rigorosa indagine avrebbe potuto formularsi una valutazione adeguata dell’interesse del minore a conservare la situazione attuale di recisione di qualsiasi rapporto con il nucleo familiare costituito dai ricorrenti e di dichiarare conseguentemente la sua adottabilità od invece di verificare, previa revoca di essa, percorsi diversi, oggetto di diversi procedimenti, quali la prosecuzione dell’affidamento eterofamiliare o un modulo adottivo estraibile dalla L. n. 184 del 1983, art. 44, che potesse coinvolgere i ricorrenti, all’esito delle indagini previste dal regime giuridico di questo istituto. 10.In conclusione i primi tre motivi devono essere accolti nei limiti di cui in motivazione. Il quarto motivo è assorbito. La sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio al giudice del merito perché proceda all’accertamento omesso così come indicato nei paragrafi 9.1 e 9.2. e alla statuizione sulle spese processuali del presente procedimento. P.Q.M. Dichiara il difetto di legittimazione passiva di L.L. Accoglie i primi tre motivi di ricorso, assorbito il quarto. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Venezia, in diversa composizione, anche per le spese processuali del presente giudizio. In caso di diffusione omettere le generalità.