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In attesa dell’accettazione degli eredi, l’eredità rimane giacente. L’accettazione può essere espressa o tacita, mentre la rinuncia solo espressa.
All’apertura della successione (cioè, alla morte del defunto) gli eredi non subentrano automaticamente nell’eredità: perché ciò accada, è necessario che essi accettino la stessa, in modo tacito oppure espresso. Se l’accettazione non è immediata, si verifica una condizione particolare dell’eredità: si dice, infatti, che essa diventa giacente. Quindi, a chi si chiede: «se non comunico nulla, l’eredità si considera accettata o rifiutata?» bisogna rispondere illustrando le singole vicende.
L’eredità giacente
Il codice civile dice che quando il chiamato (cioè, il futuro erede) non ha accettato l’eredità e non è nel possesso dei beni ereditari, il tribunale, su istanza delle persone interessate o anche d’ufficio, nomina un curatore dell’eredità. D’ora in avanti, l’eredità sarà giacente. La giacenza, pertanto, è direttamente collegata all’inattività dell’erede o degli eredi che, apertasi la successione, non manifestino alcuna volontà riguarda alla quota loro spettante. Per evitare, quindi, che il patrimonio ereditario, lasciato a se stesso, possa disperdersi o danneggiarsi, chiunque ne abbia interesse (si pensi ai chiamati in subordine o ai creditori ereditari) può adire il giudice chiedendo la nomina di un curatore. Questi, accettato l’incarico, deve assolvere ad alcuni obblighi: dopo aver prestato giuramento, deve procedere alla redazione dell’inventario dei beni ereditari, al fine di determinarne la consistenza; deve amministrare i beni allo scopo di preservarli; al termine del suo incarico, deve presentare al giudice il rendiconto della propria attività. Il curatore cessa dalle sue funzioni quando l’eredità è stata finalmente accettata: in questo caso, l’erede subentra al curatore in tutti i rapporti giuridici relativi al patrimonio ereditario. Un’altra causa di cessazione della curatela si ha quando nessun erede voglia o possa (ad esempio, in caso di prescrizione) accettare l’eredità: in tal caso, i beni vengono devoluti allo Stato e si parla di eredità vacante.
L’accettazione dell’eredità
Abbiamo detto che all’inerzia dell’erede si fa fronte mediante la nomina di una persona (il curatore) che possa provvedere, al ricorrere di determinati presupposti, all’amministrazione dell’eredità. Alla morte del defunto (giuridicamente, il soggetto della cui eredità si parla viene denominato de cuius), affinché coloro che sono stati indicati nel testamento ovvero, in assenza di atto di ultima volontà, i familiari più stretti (cosiddetti legittimari) possano divenire a tutti gli effetti eredi, devono accettare la quota loro spettante. L’accettazione può essere espressa o tacita: la prima è quella che risulta da atto scritto nel quale emerga chiaramente la volontà di far propria una parte dell’asse ereditario; la seconda si concreta in un comportamento che inequivocabilmente manifesti l’intenzione di divenire erede a tutti gli effetti. Ad esempio, la giurisprudenza ha individuato un’accettazione tacita dell’eredità nel conferimento di una procura a vendere beni ereditari, nella domanda di divisione o nella riscossione di un assegno intestato…
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