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28 Ottobre 2017Redatto da Antonella Matricardi Fonte: Altalex.com
I contratti bancari sono quei contratti stipulati dall’impresa bancaria e finalizzati alla raccolta del risparmio, all’erogazione di un credito o alla prestazione di servizi accessori al pubblico.
Civile, sez. III, sentenza 23/06/2017 n° 15645
- L’attività bancaria di intermediazione del credito
La banca esercita nel sistema economico un’importante attività di intermediazione nella circolazione del denaro che si svolge attraverso due diverse ma collegate forme operative: la raccolta del risparmio che affluisce dalla massa dei depositi e l’esercizio del credito, destinato alle imprese, agli enti, alle società o a singoli privati, in considerazione delle finalità di tutela del risparmio, garantite dall’art. 47 Cost.
Si procura così riserve monetarie da chi ha capitali, per concederne la disponibilità a chi necessita di finanziamenti e liquidità. Secondo autorevoli voci l’interposizione del credito indiretto si differenzia da quella del credito diretto per un parallelismo di atti e rapporti, diversamente dall’unico atto, proprio della semplice interposizione finanziaria: da una parte c’è il capitalista e l’intermediario suo debitore, dall’altra l’intermediario che, in grado di fornire risorse economiche, diviene creditore dell’imprenditore o del singolo che necessita di una determinata disponibilità economica.
La legislazione previgente, fin dalla legge bancaria (L. n. 141/1938), attribuiva a tali funzioni un carattere di interesse pubblico (proprio di un soggetto concessionario di un pubblico servizio), scomparso però nel Testo Unico vigente (D.Lgs. n. 385/1993, Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia o TUB, come modificato dal D.Lgs. n.181/2015) nel quale la banca, come impresa, svolge la sua funzione attraverso le forme giuridiche di una società per azioni o di società cooperativa per azioni a responsabilità limitata, operando con l’esercizio della sua attività in un regime di libera concorrenza.
L’attività bancaria è autorizzata dalla Banca d’Italia che svolge compiti di vigilanza nei confronti degli intermediari bancari e non bancari nell’ambito, dal novembre 2014, del Meccanismo di vigilanza unico sul quale si fonda l’Unione bancaria tra i paesi dell’eurozona ed opera, in esercizio congiunto di compiti e poteri di vigilanza, con la Banca Centrale Europea.
Tra gli altri organismi di controllo per la competenza affidata alle autorità nazionali agiscono il CICR (Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio), l’ISVAP (Istituto di Vigilanza sulle Assicurazioni private e di interesse collettivo), l’UIF (Unità di Informazione Finanziaria) e infine la CONSOB (Commissione Nazionale per le Società e la Borsa).
- Contratti bancari: nozione, caratteristiche generali e fonti
E’ l’art. 10, comma 3 del citato TUB a riservare alle banche, oltre all’attività principale come in precedenza individuata, anche ogni altra attività finanziaria (salve le riserve di attività previste dalla legge), nonché quelle connesse o strumentali e le cd. operazioni accessorie.
Nel complesso le operazioni bancarie possono essere schematizzate in operazioni d’intermediazione creditizia e in quelle di servizi; le prime comprendono le operazioni passive (di raccolta dei fondi), le operazioni attive (d’impiego dei fondi) e le operazioni di investimento del capitale della banca, mentre le seconde riguardano le operazioni di custodia, monetarie, finanziarie e di consulenza.
L’ampia e radicalmente mutata tipologia delle operazioni bancarie è fondamentalmente riconducibile allo strumento giuridico del contratto bancario la cui disciplina è fornita principalmente dal citato Testo Unico Bancario e dal Codice Civile che, con le disposizioni contenute al Capo XVII del Titolo III (Libro Quarto), non consente una definizione generale dell’istituto, regolando le fattispecie più ricorrenti e inerenti alle più diffuse operazioni di raccolta del risparmio (il deposito), del suo impiego (apertura di credito, anticipazioni bancarie, sconto) e di servizi (operazioni in conto corrente, cassette di sicurezza e titoli in amministrazione).
La modernizzazione dell’intero sistema e la ricerca di profitti alternativi hanno peraltro evidenziato nel tempo i limiti dell’impianto codicistico, dimostratosi insufficiente a contenere l’esperienza di un’incontrollata libertà nella gestione contrattuale, rimanendo debole la posizione dell’utente, nonostante la tutela fornita dagli artt. 1341 e 1342 c.c.
I contratti bancari sono difatti contratti per adesione, predisposti dagli uffici centrali degli istituti per essere utilizzati, a larga scala, su tutto l’ambito riservato alla loro operatività; come per i contratti assicurativi, la predisposizione standardizzata dei contratti è funzionale a contenere i costi delle consulenze professionali e anche il rischio legale per le più frequenti contestazioni che inevitabilmente potrebbero sorgere nell’eventualità di trattamenti disomogenei, ad esempio, riservati a clienti di diverse filiali di un’unica banca. Ne deriva che, nella prassi quotidiana, solo astrattamente il cliente è nella condizione di negoziare le clausole (se non nella misura di marginali aspetti economici), inevitabilmente imposte dal soggetto forte del rapporto.
La tutela più efficace per il contraente rimane dunque quella “preventiva” con l’acquisizione delle conoscenze e di una consapevolezza circa gli strumenti e la reattività per l’esercizio dei propri diritti che, senza enfasi, solo la legge può consentire.
Tra le altre fonti più importanti della disciplina dei contratti bancari si rinvengono pertanto, oltre al citato Testo Unico Bancario e al Codice Civile, la L. n. 108/1996 (Disposizioni in materia di usura), le Delibere del CICR e le norme bancarie uniformi (NBU).
2.1. Il Testo Unico Bancario: la forma scritta e le modifiche unilaterali del contratto
Il Testo Unico vigente, come accennato, attribuisce alle banche anche lo svolgimento di qualsiasi altra attività finanziaria o a quest’ultima connessa e strumentale, estendendo così la nozione di contratto bancario a tipologie di recente e più moderna applicazione, che dalla previsione degli artt. 1834-1860 c.c. non era possibile desumere.
Superando l’antica distinzione tra aziende e istituti di credito (limitati questi ultimi alla sola raccolta del risparmio), il TUB ha introdotto il concetto dell’attività bancaria come attività d’impresa con l’adozione delle forme giuridiche cui si faceva cenno ed espressamente indicate dall’art. 14, lett. a), ha sancito la possibilità che una banca che ha sede legale in uno Stato della UE possa liberamente stabilirsi nel territorio italiano e confermato il principio di trasparenza delle operazioni bancarie, introdotto dalla L. n. 154/1992 per una migliore regolamentazione e vigilanza circa i rapporti tra istituzioni bancarie/finanziarie e cliente.
Sul piano pratico rileva in tale direzione l’obbligo, previsto a pena di nullità, di redigere i contratti per iscritto (art. 117, comma 1) con una copia da consegnare al cliente (art. 117, comma 3) dalla quale lo stesso possa avere conoscenza del tasso di interesse e di ogni altro prezzo e condizione praticati, inclusi, per i contratti di credito, gli eventuali maggiori oneri in caso di mora (art. 117, comma 4).
La formalità così imposte e il regime di pubblicità delle condizioni generali di contratto svolgono pertanto una funzione informativa, per la quale la conformità rispetto a quanto diffuso pubblicamente costituisce condizione di validità del singolo contratto concluso, risultando nulle e non apposte eventuali clausole, anche di rinvio agli usi, più sfavorevoli al cliente rispetto a tassi, prezzi e condizioni pubblicizzate (art. 117, comma 6).
Diffuse perplessità continua a sollevare invece l’art. 118, in virtù del quale la banca può unilateralmente modificare, nei contratti in corso e a tempo indeterminato, le condizioni precedentemente pattuite, anche se solo in presenza di determinati presupposti (previsione di una simile facoltà concessa al contraente forte, necessità della comunicazione al cliente, apposita clausola specificatamente sottoscritta, sussistenza di un giustificato motivo che legittimi il consenso alla variazione, art. 118, comma 1).
Tuttavia proprio il preventivo e generale consenso del cliente ad una futura modificazione, nell’ambito di tipologie per adesione come sono i contratti bancari, continua ad esporre, nella quasi totalità dei casi, il cliente a spiacevoli imprevisti, se non nella peggiore delle ipotesi a facili abusi da parte del proprio istituto di credito.
La ratio normativa che ha ispirato tale concessione al soggetto forte potrebbe rinvenirsi nella possibilità che, a distanza di anni dalla conclusione del contratto, le condizioni delle parti o dei mercati siano radicalmente mutate, sorgendo la necessità di ripristinare un equilibrato sinallagma contrattuale: in realtà, nell’impossibilità che tale diritto sia esercitato da entrambe le parti, perché puntualmente proposto solo dalla banca per modifiche a sè favorevoli, il cliente non ha altra tutela se non l’esercizio del diritto di recesso nei contratti a tempo indeterminato.
Probabilmente, come sostenuto da alcuni autori “atteso che il cliente non può realisticamente negoziare i termini del rapporto contrattuale, ciò che conta – per il legislatore – è che abbia almeno piena consapevolezza delle clausole che firma” con il meccanismo della approvazione specifica per il quale la clausola necessita di una sottoscrizione ulteriore. Il cliente dovrebbe pertanto essere messo nelle condizioni di riservare maggiore attenzione a queste clausole, per comprenderne gli effetti e accettarle o meno consapevolmente.
Tuttavia in caso di rifiuto, non è affatto rara l’esperienza della banca che non è disposta a “retroagire”, rinunciando alla modifica e l’utente accetterà specificamente la clausola, dichiarando espressamente di essere a conoscenza dei particolari poteri di modifica riconosciuti all’istituto.
Non si tratta di una visione aprioristicamente pessimistica ma purtroppo di una “sintomatologia” frequente e quotidiana di quella superiorità tecnica ed economica della banca che, magari di fronte all’esigenza del cliente di accedere ad un mutuo, ne condiziona la concessione all’accettazione della modifica unilaterale, così come proposta.
E’ anche vero che per definire il concetto di “giustificato motivo”, vista la generica formulazione contenuta all’art. 118, il Ministero dello sviluppo economico ha precisato che esso possa riguardare solo eventi di comprovabile effetto sul rapporto bancario , provocati dal cliente, dalla sua fortemente diminuita affidabilità economica o derivati da variazioni di condizioni economiche generali che possono riflettersi in un aumento dei costi operativi degli intermediari. L’informazione circa il suo contenuto deve essere pertanto esaustivamente comunicata, perchè sia possibile correttamente valutare la congruità della variazione rispetto alla motivazione che ne è alla base.
Nei contratti a tempo determinato invece, per l’art. 118, comma 1, 2° periodo, la facoltà di modifica unilaterale può essere pattuita solo per le clausole diverse da quelle indicanti i tassi di interesse, sempre purchè sussista un giustificato motivo (viceversa non vige tale esclusione per il cliente diverso da consumatore o micro-impresa, potendo la variazione relativa anche ai tassi essere inserita, ma solo al verificarsi di specifici eventi e condizioni, predeterminati nel contratto).
Infine è previsto che la modifica unilaterale sia espressamente comunicata al cliente con l’evidenza della formula “proposta di modifica unilaterale del contratto” in forma scritta (o altro supporto preventivamente accettato) e con un preavviso di almeno due mesi (art. 118, comma 2, 1° periodo). Non è tuttavia richiesto che debba essere indicato in tale comunicazione il giustificato motivo alla base della variazione contrattuale con la concreta possibilità che successivamente ne vengano addotti altri o di diversi.
La mancata ottemperanza all’obbligo della comunicazione o la sua mancata prova in caso di contestazione comporta l’inefficacia della modifica e l’applicazione delle precedenti condizioni al rapporto con la restituzione delle somme eventualmente e indebitamente percepite dalla banca. Diversamente la modifica s’intende approvata dal cliente se correttamente comunicata e non opposta con l’esercizio del recesso -senza spese per l’utente- entro il termine previsto per la sua applicazione (art. 118, comma 2, 3° periodo) con l’applicazione, nella successiva fase di liquidazione del rapporto, delle precedenti condizioni (art. 118, comma 2, 4° periodo).
2.2. Le norme bancarie uniformi
Si è ampiamente sottolineato come l’attività bancaria venga realizzata attraverso operazioni uniformi e valide non solo per i clienti di un’unica banca ma per tutti gli utenti del servizio bancario in virtù del ricorso ad una contrattualistica in serie, richiedente che tutti i clienti sottoscrivano le condizioni generali di contratto…
Fonte Altalex.com
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