L’ufficio del pubblico ministero europeo (EPPO): una nuova realtà
Regolamento CE, 12/10/2017 n° 1939
La conclusione dell’iter legislativo che ha condotto alla definitiva approvazione della procura europea costituisce un’importante novità nello scenario processuale continentale.
Un simile accentramento delle funzioni requirenti in capo ad un organo unitario dell’Unione europea, seppur al momento limitato ai reati concernenti gli interessi finanziari della stessa, potrebbe costituire un vero banco di prova per la futura creazione di un processo comunitario rivolto alla repressione dei serious crimes.
Eppure, le scelte operate in merito alla sua composizione e alle sue funzioni, hanno generato numerose riserve tra gli Stati membri, forse non ancora del tutto pronti a delegare, in ambito repressivo, una porzione delle proprie prerogative sovrane (Regolamento UE, 12 ottobre 2017, n. 2017/1939/UE).
La recentissima approvazione della procura europea segna un passo fondamentale nella cooperazione giudiziaria o, meglio, potrebbe costituire un’evoluzione verso strumenti che vadano oltre l’assistenza e la collaborazione tra Stati membri, in favore di istituti che comportano l’accentramento di funzioni repressive in capo a organi dell’Unione europea. Sia chiaro, l’immaginifica cessione di sovranità e delega dei compiti processuali degli ordinamenti statuali è lungi dal divenire realtà però, sebbene sorretto, “l’infante” un primo piccolo, forse addirittura timido, passo l’ha fatto, e questo autorizza a coltivare il fondato auspicio che possa prima o poi camminare motu proprio.
Dopo un primo progetto di direttiva concernente gli aspetti sostanziali, in data 17 luglio 2013, la Commissione ha presentato una «proposta di Regolamento » che si limitava a prevedere quanto necessario per reprimere i reati concernenti gli interessi finanziari dell’Unione, attraverso l’aumento del numero delle azioni penali e il miglioramento dello scambio di informazioni per condurre con successo le indagini e le suddette azioni penali, accrescendone l’effetto preventivo.
Orbene, il contesto in cui si inseriva la proposta è quello della necessità di incrementare e rendere più efficiente, tramite la costituzione di un’autorità ad hoc, la persecuzione di reati potenzialmente molto dannosi per l’Unione, per i quali gli Stati membri dispongono di apparati di contrasto limitati e frammentari, rispetto alla dimensione transfrontaliera degli stessi. Pertanto, nella proposta originaria si sottolineava – e lo si rinviene anche nell’attuale formulazione – come l’attività di repressione condotta dai soli Stati, seppur coadiuvati da Eurojust, Europol e l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (Olaf), presenta un importante deficit circa il coordinamento, la cooperazione e lo scambio di informazioni che impedisce alle autorità nazionali di garantire un adeguato livello di protezione e contrasto.
Tuttavia, sin da subito, ben quattordici assemblee nazionali hanno formulato riserve sul contenuto della proposta e undici in particolare hanno lamentato che essa non rispetterebbe il principio di sussidiarietà, oltre a sollevare dubbi circa il principio di proporzione, il rischio di violazioni dei princìpi fondamentali da parte della procura europea, ovvero in relazione alla possibilità che la nuova istituzione indebolisca l’efficacia del contrasto alla criminalità attuato con le procedure interne.
La Commissione ha riesaminato la proposta, limitatamente ai profili che attengono al mancato rispetto del principio di sussidiarietà, ribadendo di voler mantenere inalterato il testo originario, talché si è dovuta costatare l’impossibilità di addivenire a un accordo unanime in seno al Consiglio, sebbene nel corso degli anni vi siano state delle parziali modifiche al progetto originario, nelle quali però non è mai mutato il presupposto principale: la procura europea deve avere una struttura gerarchica e verticistica, a fronte di una dinamica operativa decentrata, ma sottoposta a rigidi strumenti di controllo.
Non sono mancati complessi negoziati ed estenuanti trattative con gli Stati membri più reticenti, ciò nonostante è apparso evidente che l’unica soluzione per superare le perplessità di alcuni Paesi consistesse nella cosiddetta «cooperazione rafforzata» (art. 86, § 1, TFUE). Pertanto, una volta costatata l’assenza di unanimità, sono stati avviati i negoziati per l’istituzione del pubblico ministero europeo e, il 3 aprile del 2017, il Consiglio ha diramato un comunicato stampa con cui dichiarava di aver ricevuto la notifica di sedici Stati membri che preannunciava l’intenzione di intraprendere la procedura legislativa speciale per l’istituzione della procura europea. L’iter ha condotto all’approvazione definitiva del Parlamento europeo il 5 ottobre 2017, con l’aumento del numero degli Stati aderenti rispetto all’inizio della procedura, per cui, a oggi, venti Paesi …
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