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Cassazione penale, sez. IV, sentenza 17/11/2017 n° 52538
Redatto da Anna Larussa Fonte: Altalex
E’ valida la manifestazione della volontà di querelare l’imputato, ancorchè non formalizzata in un vero e proprio atto di querela, qualora dall’atto sia desumibile l’intento punitivo.
E’ quanto affermato dalla Corte di cassazione con la sentenza in epigrafe, pronunciata a fronte dell’impugnazione di legittimità con cui il ricorrente stigmatizzava le pronunce di merito per aver ritenuto sussistente la condizione di procedibilità sulla scorta della comunicazione della notizia di reato in cui si dava atto dell’asserita volontà punitiva della coniuge in relazione ai reati di lesioni colpose e omissione di soccorso.
Nel ricorso per cassazione l’imputato evidenziava come la natura di atto negoziale propria della querela impedisse l’equiparazione ad essa della comunicazione della notizia di reato.
E del resto non pare possa revocarsi in dubbio l’impossibilità di equiparare i due atti atteso che la comunicazione della notizia di reato ha il compito di veicolare all’interno del procedimento (cfr. art. 347 c.p.p.) la notizia di reato ed eventualmente la connessa manifestazione della volontà punitiva (art. 337 c.p.p.) raccolta a verbale dalla polizia giudiziaria (ex art. 136 e 357 c.p.p.)1 ma non rientra fra gli atti che, anche solo ai fini della procedibilità come la querela per l’appunto, sono inseriti nel fascicolo del dibattimento ex art. 431 c.p.p. e sono utilizzabili dal giudice ai fini della decisione.
Sicchè se è vero che il favor querelae induce la giurisprudenza a considerare querela, in situazioni di incertezza (sostanzialmente nei casi in cui non ci sia un atto proveniente dalla persona offesa espressamente qualificato come denuncia querela e inequivocabilmente enunciante un intento punitivo) manifestazioni non esplicite di volontà punitiva provenienti dalla persona offesa e contenute negli atti (verbali) redatti dalla polizia …
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