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Cassazione penale, sez. VI, sentenza 06/02/2018 n° 5517
Ai fini del riconoscimento del fatto di lieve entità (articolo 73, comma 5, del D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309) la diversità delle sostanze trafficate è un dato di per sé inconsistente, perché non è idoneo da solo a scriminare il “livello” di collocamento del reo nell’ambito del traffico di droga (Cassazione penale, sezione VI, 6 febbraio 2018 n. 5517).
Il caso
La sentenza è di rilievo perché affronta con chiarezza la questione della rilevanza da attribuirsi alla diversa tipologia di sostanze detenute ai fini del riconoscimento/esclusione del fatto di lieve entità di cui all’articolo 73, comma 5, del D.P.R. n. 309 del 1990.
La Corte, nel rigettare il ricorso avverso la sentenza che aveva negata l’ipotesi “minore” di cui al comma 5 dell’articolo 73, proprio sul rilievo della detenzione di sostanze eterogenee [oltre che in ragione della suddivisione delle sostanze già in dosi pronte al commercio], ha ritenuto di “correggere” ex articolo 619, comma 1, c.p.p., quelli che ha ritenuto errori di diritto nella motivazione, pur “salvando” la tenuta della decisione, siccome basata assorbentemente sul quantitativo complessivo delle sostanze oggetto della condotta incriminata, tale da escludere tout court la lievità del fatto.
L’apprezzamento “congiunto”
Si tratta di decisione convincente ed in linea con i principi che devono presiedere l’apprezzamento giudiziale circa la sussistenza o no del fatto di lieve entità.
E’ in proposito assunto pacifico quello secondo cui, in tema di sostanze stupefacenti, la ipotesi attenuata del fatto di lieve entità (articolo 73, comma 5, del D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309) può essere riconosciuta solo in ipotesi di “minima offensività penale” della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla norma (mezzi, modalità e circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove venga meno anche uno soltanto degli indici previsti dalla legge, diviene irrilevante l’eventuale presenza degli altri (cfr. Cass. pen. Sezioni unite, 21 giugno 2000, Primavera ed altri; di recente, tra le tante, Cass. pen. Sezione IV, 8 giugno 2016, Agnesse). Ciò in quanto la finalità dell’ ipotesi attenuata si ricollega al criterio di ragionevolezza derivante dall’articolo 3 della Costituzione, che impone – tanto al legislatore, quanto all’interprete- la proporzione tra la quantità e la qualità della pena e l’offensività del fatto. In proposito, dovensosi solo ricordare che nessuna conseguenza, sotto questo specifico profilo, deriva dal novum normativo introdotto dal decreto …
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