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Crisi cardiaca fatale per il vigile urbano: Comune colpevole
Redatto da Attilio Ievolella Fonte: Diritto e Giustizia
Confermato il risarcimento alla moglie del lavoratore. L’ente locale era a conoscenza dei problemi di salute del dipendente e avrebbe dovuto sospenderlo da ogni attività, anche la più leggera.
(Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza n. …. / …; depositata il ….)
Comune colpevole per la morte del dipendente – un vigile urbano – affetto da grave patologia cardiaca. Sarebbe stato necessario, secondo i Giudici, sospenderlo da qualunque attività, e invece l’assegnazione di mansioni – anche da svolgere in ufficio – ne ha aggravato i problemi di salute, conducendo poi alla crisi fatale, verificatasi mentre l’uomo si recava…
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risarcimento danni – Crisi cardiaca fatale per il vigile urbano: Comune colpevole – Redatto da Attilio Ievolella Fonte: Diritto e Giustizia – Confermato il risarcimento alla moglie del lavoratore. L’ente locale era a conoscenza dei problemi di salute del dipendente e avrebbe dovuto sospenderlo da ogni attività, anche la più leggera. (Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza n. 7520/18; depositata il 27 marzo) Comune colpevole per la morte del dipendente – un vigile urbano – affetto da grave patologia cardiaca. Sarebbe stato necessario, secondo i Giudici, sospenderlo da qualunque attività, e invece l’assegnazione di mansioni – anche da svolgere in ufficio – ne ha aggravato i problemi di salute, conducendo poi alla crisi fatale, verificatasi mentre l’uomo si recava alla sede della Polizia municipale (Cassazione, ordinanza n. 7520/2018, Sezione Lavoro, depositata oggi). Danni. La tragedia si verifica nell’ottobre del 1993, quando il vigile urbano muore a causa di una improvvisa crisi cardiaca, manifestatasi durante il tragitto per recarsi sul posto di lavoro. Sotto accusa finisce il Comune, a cui la vedova attribuisce la responsabilità per la morte del marito. Questa visione viene ritenuta corretta dai Giudici, che, prima in Tribunale e poi in Appello, valutano «negligente» il comportamento tenuto dall’Ente locale e lo condannano a provvedere ad un adeguato «risarcimento» in favore della donna per «i danni» da lei subiti a seguito della «morte del proprio coniuge». Decisiva la constatazione che «il Comune, in presenza della segnalazione della grave patologia del lavoratore, oltre a non dispensarlo dai servizi esterni, non si era attivato per accertarne l’idoneità allo svolgimento delle normali mansioni del suo servizio». Colpe. La valutazione compiuta in Appello viene condivisa anche dai giudici della Cassazione. Nessun dubbio, in sostanza, sulle colpe del Comune. A questo proposito, viene posto in evidenza che «a partire dal novembre 1988, con l’insorgere della fibrillazione atriale, la patologia del vigile urbano si era bruscamente aggravata». Ciò significa che da quel momento, osservano i magistrati, «egli andava considerato totalmente inidoneo a qualsiasi attività lavorativa, anche la più sedentaria». Proprio questo elemento, cioè la certezza che «il Comune, in possesso di certificazioni mediche prodotte dal dipendente, doveva sospendere il lavoratore da qualunque attività», rende logico attribuire all’ente locale la principale responsabilità per la morte del vigile urbano.