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Induzione indebita a dare o promettere utilità
Redatto da Simone Marani – Fonte: Altalex
Commette il delitto di induzione a dare o promettere utilità (art. 319-quater c.p.), salvo che il fatto costituisca più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio il quale, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità.
Nei casi suindicati è punito anche chi dà o promette denaro o altra utilità al pubblico ufficiale o all’incaricato di pubblico servizio.
1. Nozione e caratteri generali
Il reato di induzione a dare o promettere utilità è contemplato dall’art. 319-quater c.p., introdotto dall’art. 1, comma 75, lett. i), della l. 6 novembre 2012, n. 190 “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione” ed inserito nel contesto codicistico dedicato alle diverse tipologia di corruzione.
La norma dispone che: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità è punito con la reclusione da sei anni a dieci anni e sei mesi.
Nei casi previsti dal primo comma, chi dà o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione fino a tre anni”.
La presente fattispecie era in precedenza sussunta nel reato di concussione (art. 317 c.p.), ma a differenza della concussione, qui viene punito anche il soggetto passivo indotto, sebbene con una pena più mite.
Anche grazie a tale elemento, si è sottolineato che la differenza fondamentale tra concussione ed induzione indebita sta nel fatto che nella prima figura vi è un abuso costrittivo del pubblico ufficiale, attuato mediante violenza o minaccia di un male ingiusto e notevole, da cui deriva una grave limitazione, seppur senza un totale annullamento, della libertà di autodeterminazione del destinatario.
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