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Privacy
Registrare il numero di telefono altrui su una chat erotica costituisce reato
Redatto da Paolo Grillo – Fonte: Diritto e Giustizia
Integra il reato di trattamento abusivo dei dati di traffico, tra i quali rientra il numero dell’utenza cellulare, la condotta consistita nel registrare quest’ultimo in una chat a contenuto erotico all’insaputa del suo titolare.
(Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza n. 46376/19; depositata il 14 novembre)
Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, sez. III Penale, con la sentenza n. 46376/19, depositata il 14 novembre. La chat a luci rosse. Se non ci fosse Internet di mezzo con la sua micidiale potenzialità diffusiva,…
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(Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza n. 46376/19; depositata il 14 novembre) Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, sez. III Penale, con la sentenza n. 46376/19, depositata il 14 novembre. La chat a luci rosse. Se non ci fosse Internet di mezzo con la sua micidiale potenzialità diffusiva, una condotta come quella oggetto della sentenza in commento sarebbe stata bollata – al più – come uno scherzo di pessimo gusto. All’imputata è costato caro, invece, l’aver creato un account su una chat a contenuto erotico sfruttando i dati di una terza persona, inserendone il numero cellulare e invitando gli scostumati frequentatori di quel portale a luci rosse a contattarla per chiederne i favori sessuali. Violazione della privacy, questa l’imputazione per la quale viene emessa una doppia conforme di condanna. Il ricorso per cassazione, giudicato inammissibile, è tuttavia l’occasione per individuare correttamente i requisiti essenziali della fattispecie di trattamento illecito dei dati personali, soprattutto alla luce dell’adeguamento del sistema normativo nazionale, avvenuto nel 2018, alla disciplina del Regolamento Europeo sulla Privacy. Le norme cambiano volto. Il problema generale che giustifica l’excursus compiuto dagli Ermellini è quello della successione delle norme penali nel tempo, con la conseguente necessità di individuare la disciplina applicabile ad un determinato caso concreto e, nell’ipotesi di continuità normativa, qual è la norma più favorevole al reo. In questa materia, infatti, la norma applicabile in un’ipotesi come quella oggetto del processo – prima del 2018 – puniva il trattamento illecito dei dati personali, facendo precedere la rilevanza penale del fatto da una clausola di riserva (“salvo che il fatto costituisca più grave reato”), se dal fatto ne derivava nocumento. Dopo la modifica, avvenuta nel 2018 con il recepimento delle indicazioni del Regolamento Europeo sulla protezione dei dati (solitamente abbreviato in GDPR), non si è più fatto cenno al concetto di “trattamento” e, inoltre, si è introdotto – tra gli elementi costitutivi della fattispecie, con ricadute anche sul dolo specifico – l’aver cagionato un danno all’interessato. Il danno è un elemento costitutivo della fattispecie. La struttura della norma, quindi, è sensibilmente cambiata: da condizione obiettiva di punibilità, come tale esterna alla struttura dell’illecito, il danno ne entra a far parte in qualità di elemento costitutivo che, evidentemente, deve rientrare nel fuoco del dolo. Secondo una corrente giurisprudenziale, fra l’altro richiamata in sentenza, che aveva anticipato la riforma del 2018, occorre quindi che il nocumento si ponga come conseguenza prevista e voluta dall’agente. Di contro, non dovrebbe riconoscersi alcuna responsabilità penale nell’ipotesi in cui detto danno sia stato invece involontariamente provocato dalla condotta. Tra le due norme vi è continuità normativa. Secondo i Supremi Giudici la modifica normativa introdotta nel 2018 non priva di rilevanza penale la condotta consistita nell’avere registrato abusivamente il numero di cellulare di una terza persona su una chat. Ed infatti, i dati personali di traffico – tra i quali si può annoverare il numero di un’utenza telefonica – sono tutt’ora oggetto di tutela penale e l’averne abusivamente eseguito il trattamento (l’operazione di registrazione è senz’altro così qualificabile) assume chiara rilevanza penale. Crollo Palazzo Liberty: ok dalla Procura all’apertura lato sud Viale della Vittoria Crollo Palazzo Liberty: ok dalla Procura all’apertura lato sud Viale della Vittoria Il Procuratore aggiunto della Repubblica di Agrigento Salvatore Vella, in seguito alla richiesta avanzata dall’avvocato Angelo Farruggia che rappresenta gli interessi dei condomini del Palazzo Liberty e sentiti i pareri del consulente tecnico della Procura ing.Palizzolo e del comandante provinciale dei Vigili del Fuoco, ha autorizzato l’apertura di un corridoio di passaggio sul lato sud del Viale della Vittoria, porzione che era stata interessata dal sequestro in seguito al doppio crollo di parte di un cornicione verificatisi il 18 e il 29 settembre. La procura, dunque, ha dato il via libera alla creazione di un passaggio che rappresenta una boccata d’ossigeno per residenti e commercianti. Un piccolo passo verso il ritorno (ancora lungo) alla normalità sconvolta dai due eventi che fortunatamente non hanno causato vittime ma ingenti, questi sì, danni all’economia e alla viabilità. I lavori di messa in sicurezza sono in corso da ormai oltre due settimane e sono condotti dalla ditta di Marsala “Altaquota”. La procura, con il pm Antonella Pandolfi, a seguito del crollo ha aperto un’inchiesta iscrivendo sul registro degli indagati “come atto dovuto” 28 persone. Omicidio marmista a Cattolica Eraclea: fonte confidenziale riferì su movente passionale Omicidio marmista a Cattolica Eraclea: fonte confidenziale riferì su movente passionale Nuova udienza in Corte d’Assise di Agrigento, presieduta dal giudice Wilma Angela Mazzara con a latere il giudice Giuseppe Miceli, nell’ambito del processo a carico di Gaetano Sciortino, operaio finito sul banco degli imputati con la gravissima accusa di omicidio: per gli inquirenti sarebbe stato lui a massacrare all’interno del laboratorio di via Crispi, a Cattolica Eraclea, il marmista del paese Giuseppe Miceli. Questa mattina in aula sono stati escussi due testi chiamati a deporre dalla difesa dell’impiegato cattolicese, rappresentata dagli avvocati Santo Lucia e Liliana Azzarello. Si tratta di un brigadiere dell’Arma dei Carabinieri, che ha svolto in origine l’attività di indagine, e del titolare dell’impresa in cui Sciortino prestava servizio. Il primo ha raccontato in aula la circostanza venuta fuori da una fonte confidenziale che avrebbe raccontato ai carabinieri che alla base dell’omicidio ci sarebbe un movente passionale legato al mancato pagamento di una prestazione sessuale da parte della vittima che, in seguito, sarebbe anche stato oggetto di una spedizione punitiva. Questa circostanza, presa in considerazione all’inizio dell’indagine, in realtà è andata scemandosi con il tempo. Il secondo testimone ha invece riferito sul comportamento tenuto dal dipendente Sciortino il giorno dopo l’omicidio: l’imprenditore ha raccontato di una persona tranquilla sul posto di lavoro che non presentava alcun segno o livido. Si torna in aula il 19 dicembre per sentire gli ultimi tre testimoni della difesa.