Diritti dei minori
Rettificazione anagrafica del sesso: per i Giudici non è necessario l’intervento demolitorio
Per ottenere la rettificazione del sesso nei registri dello stato civile non è obbligatorio l’intervento chirurgico demolitorio e/o modificativo dei caratteri sessuali anatomici.
Trib. Lucca, sent., 27 agosto 2021
Un minore presentava una disforia di genere in conseguenza della quale i genitori si erano rivolti all’Azienda O.U.C., Endocrinologia femminile e Incongruenza di genere, al fine di ottenere una valutazione della identità di genere del figlio e poter conseguentemente…
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Famiglia Diritti dei minori Rettificazione anagrafica del sesso: per i Giudici non è necessario l’intervento demolitorio Per ottenere la rettificazione del sesso nei registri dello stato civile non è obbligatorio l’intervento chirurgico demolitorio e/o modificativo dei caratteri sessuali anatomici. Trib. Lucca, sent., 27 agosto 2021 Un minore presentava una disforia di genere in conseguenza della quale i genitori si erano rivolti all’Azienda O.U.C., Endocrinologia femminile e Incongruenza di genere, al fine di ottenere una valutazione della identità di genere del figlio e poter conseguentemente dare inizio ad una terapia ormonale, cui avrebbe dovuto seguire l’intervento chirurgico. Il Dipartimento, all’esito degli svolti accertamenti, aveva pienamente confermato che il minore era affetto da una grave disforia di genere e che pertanto era fondata la richiesta di procedere alla rettificazione anagrafica, così come all’adeguamento chirurgico del sesso da maschile a femminile nonché procedere all’immediato cambio anagrafico. Il ricorso è fondato. I Giudici di merito, sulla scorta delle pronunce n. 221/2015 Corte Cost. e Cass. civ., n. 15138/2015, affermano che per ottenere la rettificazione del sesso nei registri dello stato civile deve ritenersi non obbligatorio l’intervento chirurgico demolitorio e/o modificativo dei caratteri sessuali anatomici. La scelta di sottoporsi alla modificazione chirurgica dei caratteri sessuali, infatti, non può che essere il risultato di «un processo di autodeterminazione verso l’obiettivo del mutamento di sesso», di cui il trattamento chirurgico costituisce uno strumento eventuale, di ausilio al fine di garantire, attraverso una tendenziale corrispondenza dei tratti somatici con quelli del sesso di appartenenza, il conseguimento di un pieno benessere psichico e fisico della persona. Il ricorso alla modificazione chirurgica dei caratteri sessuali risulta, quindi, autorizzabile in funzione di garanzia del diritto alla salute, ossia laddove lo stesso sia volto a consentire alla persona di raggiungere uno stabile equilibrio psicofisico, in particolare in quei casi nei quali la divergenza tra il sesso anatomico e la psicosessualità sia tale da determinare un atteggiamento conflittuale e di rifiuto della propria morfologia anatomica: la prevalenza della tutela della salute dell’individuo sulla corrispondenza fra sesso anatomico e sesso anagrafico, pertanto, porta a ritenere il trattamento chirurgico non quale prerequisito per accedere al procedimento di rettificazione, ma come possibile mezzo, funzionale al conseguimento di un pieno benessere psicofisico. Nel caso di specie, la divergenza tra il sesso anatomico e la psicosessualità percepita e vissuta dal minore determinava, per lo stesso, un atteggiamento conflittuale e di definitivo e radicale rifiuto della propria morfologia anatomica, tale da rendere giustificati per la tutela della sua salute, per il pieno benessere psicofisico e per la realizzazione delle sue aspirazioni esistenziali la rettificazione anagrafica e l’eventuale intervento di adeguamento chirurgico. Per questi motivi, il Tribunale di Lucca, in accoglimento del ricorso, autorizza la rettificazione anagrafica del sesso del minore da maschile a femminile e il richiesto intervento medico-chirurgico di adeguamento dei caratteri sessuali. Trib. Lucca, sent., 27 agosto 2021 Presidente Relatore Giuntoli Svolgimento del processo – Motivi della decisione Con atto di citazione ritualmente notificato, F.I. e P.D., quali esercenti la potestà dei genitori sul figlio D., esponevano che il minore presentava una disforia di genere in conseguenza della quale essi attori si erano rivolti all’Azienda O.U.C., Endocrinologia femminile e Incongruenza di genere, onde ottenere una valutazione della identità di genere del figlio e potere conseguentemente dare inizio ad una terapia ormonale, cui avrebbe dovuto seguire l’intervento chirurgico, al fine di elidere la distonia esistente; che il Dipartimento in questione, all’esito degli svolti accertamenti, aveva pienamente confermato che il minore era affetto da una grave disforia di genere e che pertanto era fondata la richiesta di procedere alla rettificazione anagrafica, così come all’adeguamento chirurgico del sesso da maschile a femminile; che era prioritario procedere all’immediato cambio anagrafico, da ciò derivando miglior condizioni di vita per il figlio; tanto premesso, chiedevano: che il Tribunale ordinasse all’Ufficiale dello Stato Civile di Genova la rettificazione anagrafica dell’atto di nascita del figlio, con attribuzione del sesso da maschile a femminile e conseguente cambio del nome da S. a E.J.; che venisse inoltre autorizzato l’intervento chirurgico di adeguamento dei caratteri sessuali del minore, da maschili a femminili. La causa, istruita mediante la produzione di documenti, l’audizione delle parti e del minore, veniva trattenuta in decisione all’udienza del 4 agosto 2021, sulle conclusioni trascritte in epigrafe. 2. Le pronunce n. 221/2015 della Corte Costituzionale e n. 15138/2015 della Suprema Corte valgono a fondare l’accoglimento della domanda. Il Supremo Collegio ha affermato, infatti, sulla scorta di considerazioni giuridiche pienamente condivise, che “alla stregua di un’interpretazione costituzionalmente orientata e conforme alla giurisprudenza della CEDU, dell’art. 1 della L. n. 164 del 1982 L. n. 182 del 1982, nonché del successivo art. 3 della medesima legge, attualmente confluito nell’art. 31, comma 4, del D.Lgs. n. 150 del 2011, per ottenere la rettificazione del sesso nei registri dello stato civile deve ritenersi non obbligatorio l’intervento chirurgico demolitorio e/o modificativo dei caratteri sessuali anatomici primari. Invero, l’acquisizione di una nuova identità di genere può essere il frutto di un processo individuale che non ne postula la necessità, purché la serietà e ed univocità del percorso scelto e la compiutezza dell’approdo finale sia oggetto, ove necessario, di accertamento tecnico in sede giudiziale”. La Corte Costituzionale ha espressamente affermato quanto segue: “l’esclusione del carattere necessario dell’intervento chirurgico ai fini della rettificazione anagrafica appare il corollario di un’impostazione che − in coerenza con supremi valori costituzionali − rimette al singolo la scelta delle modalità attraverso le quali realizzare, con l’assistenza del medico e di altri specialisti, il proprio percorso di transizione, il quale deve comunque riguardare gli aspetti psicologici, comportamentali e fisici che concorrono a comporre l’identità di genere. L’ampiezza del dato letterale dell’art. 1, comma 1, della L. n. 164 del 1982 e la mancanza di rigide griglie normative sulla tipologia dei trattamenti rispondono all’irriducibile varietà delle singole situazioni soggettive. Tale impostazione è stata fatta propria anche dalla recente giurisprudenza di legittimità. Nella sentenza del 20 luglio 2015, n. 15138, la Corte di cassazione, sezione prima civile, ha affermato, infatti, che la scelta di sottoporsi alla modificazione chirurgica dei caratteri sessuali non può che essere il risultato di “un processo di autodeterminazione verso l’obiettivo del mutamento di sesso”. Il ricorso alla chirurgia costituisce uno dei possibili percorsi volti all’adeguamento dell’immagine esteriore alla propria identità personale, come percepita dal soggetto. D’altra parte, sottolinea la Corte di cassazione, “La complessità del percorso, in quanto sostenuto da una pluralità di presidi medici … e psicologici mette ulteriormente in luce l’appartenenza del diritto in questione al nucleo costitutivo dello sviluppo della personalità individuale e sociale, in modo da consentire un adeguato bilanciamento con l’interesse pubblico alla certezza delle relazioni giuridiche”. Rimane così ineludibile un rigoroso accertamento giudiziale delle modalità attraverso le quali il cambiamento è avvenuto e del suo carattere definitivo. Rispetto ad esso il trattamento chirurgico costituisce uno strumento eventuale, di ausilio al fine di garantire, attraverso una tendenziale corrispondenza dei tratti somatici con quelli del sesso di appartenenza, il conseguimento di un pieno benessere psichico e fisico della persona. In questa prospettiva va letto anche il riferimento, contenuto nell’art. 31 del D.Lgs. n. 150 del 2011, alla eventualità (“Quando risulta necessario”) del trattamento medico-chirurgico per l’adeguamento dei caratteri sessuali. In tale disposizione, infatti, lo stesso legislatore ribadisce, a distanza di quasi trenta anni dall’introduzione della L. n. 164 del 1982, di volere lasciare all’apprezzamento del giudice, nell’ambito del procedimento di autorizzazione all’intervento chirurgico, l’effettiva necessità dello stesso, in relazione alle specificità del caso concreto. Il ricorso alla modificazione chirurgica dei caratteri sessuali risulta, quindi, autorizzabile in funzione di garanzia del diritto alla salute, ossia laddove lo stesso sia volto a consentire alla persona di raggiungere uno stabile equilibrio psicofisico, in particolare in quei casi nei quali la divergenza tra il sesso anatomico e la psicosessualità sia tale da determinare un atteggiamento conflittuale e di rifiuto della propria morfologia anatomica. La prevalenza della tutela della salute dell’individuo sulla corrispondenza fra sesso anatomico e sesso anagrafico, porta a ritenere il trattamento chirurgico non quale prerequisito per accedere al procedimento di rettificazione – come prospettato dal rimettente −, ma come possibile mezzo, funzionale al conseguimento di un pieno benessere psicofisico. Il percorso ermeneutico sopra evidenziato riconosce, quindi, alla disposizione in esame il ruolo di garanzia del diritto all’identità di genere, come espressione del diritto all’identità personale (art. 2 Cost. e art. 8 della CEDU) e, al tempo stesso, di strumento per la piena realizzazione del diritto, dotato anch’esso di copertura costituzionale, alla salute”. Sulla scorta di siffatti principi deve ritenersi la fondatezza della svolta domanda, in continuità rispetto ai precedenti assunti da Tribunale di Lucca in analoghi casi. Invero, i documenti versati in atti avvalorano in termini decisivi la divergenza tra il sesso anatomico e la psicosessualità percepita e vissuta dal minore, in termini tali da determinare, per lo stesso, un atteggiamento conflittuale e di definitivo e radicale rifiuto della propria morfologia anatomica, sì da rendere giustificati per la tutela della salute, per il pieno benessere psicofisico e per la realizzazione delle aspirazioni esistenziali del figlio delle parti attrici, la rettificazione anagrafica e l’eventuale intervento di adeguamento chirurgico. Ciò emerge nella relazione psichiatrica della SOD Andrologia, Endocrinologia femminile e incongruenza di genere dell’Azienda O.U. (“in conclusione, E.J. (all’anagrafe S.) presenta un quadro di disforia di genere, di cui è perfettamente consapevole e che provoca un elevato livello di sofferenza psichica. In relazione a quanto riportato dalla persona durante i colloqui clinici e considerato che la paziente vive stabilmente in un ruolo di genere femminile in tutti gli ambiti di vita, la richiesta di riassegnazione anagrafica appare del tutto motivata e coerente. Infatti, la possibilità di un riconoscimento anagrafico in linea con la propria identità di genere e ruolo di genere permetterebbe l’acquisizione di un miglior equilibrio psicologico (anche alla luce della stabile identificazione femminile di E.J.)”; “sulla base degli accertamenti raccolti nel corso delle valutazioni, il team multidisciplinare ha formulato un quadro di Disforia di Genere (DSG) secondo DSM 5 (codice 302.85). La persona, infatti, presenta un’evidente identificazione con il genere femminile associata a disagio clinicamente significativo, tale da compromettere il funzionamento psicologico e sociale nei principali ambiti di vita; non si riscontrano, infine, concomitanti condizioni psichiatriche tali da inficiare il quadro di DG”. Siffatte emergenze, riconducibili all’attività istituzionale svolta dall’ente pubblico specializzato sopra indicato, valgono a comprovare in termini certi la ricorrenza delle condizioni di legge per l’accoglimento della domanda, sul presupposto della condizione di disforia di genere, la cui gravità è tale da rendere adeguati e giustificati la rettificazione anagrafica (in via prioritaria) e l’intervento di adeguamento chirurgico. Va evidenziato che lo stesso minore, nel corso dell’audizione, ha manifestato una consapevole e matura volontà diretta al riconoscimento della propria identità femminile, in un quadro di condivisione e di supporto familiare. Va pertanto autorizzata la rettificazione del sesso anagrafico e del nome, come da dispositivo. Va inoltre autorizzato (nel rispetto delle relative raccomandazioni espresse dallo stesso Centro di Coordinamento Regionale a pag. 3 della relazione del 13.5.2021 e in coerenza alle stesse considerazioni espresse dal minore circa la gradualità e l’eventualità dell’intervento stesso) il trattamento medico-chirurgico di adeguamento dei caratteri sessuali da maschili a femminili. Nulla per le spese. P.Q.M. Il Tribunale di Lucca, definitivamente pronunciando, così provvede: autorizza la rettificazione anagrafica del sesso di P.S. nato a G. il (…) (atto n. 673, Parte II, Serie B, anno 2006, Volume 3, Ufficio 1) da maschile a femminile, con attribuzione del nome E.J.; ordina all’Ufficiale dello Stato Civile di Genova di provvedere ai consequenziali adempimenti; autorizza il richiesto intervento medico-chirurgico di adeguamento dei caratteri sessuali da maschili a femminili, autorizzando i genitori a prestare il relativo consenso, nel rispetto della volontà del minore. nulla per le spese.