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27 Ottobre 2017Redatto da Alessandro Moscatelli Fonte: Diritto.it
Gli strumenti deflattivi del contenzioso giudiziario
Nel linguaggio, non solo giuridico, è entrato prepotentemente in uso il termine “degiurisdizionalizzazione” con riferimento alla possibilità di definire le controversie civili e commerciali ricorrendo a strumenti alternativi alla giurisdizione ordinaria.
Nell’intento di deflazionare il carico giudiziario, il legislatore si è oltremodo preoccupato di individuare meccanismi che, in via preventiva, potessero evitare l’insorgere del contenzioso piuttosto che ricercare o rafforzare strumenti già previsti nel nostro ordinamento per la definizione delle controversie civili e commerciali.
Dapprima, sulla scia della direttiva comunitaria n.2008/52/CE del 21.05.2008, (invero concepita per le sole controversie c.d. transfrontaliere), con il decreto legislativo 04.03.2010 n.28 è stato introdotto l’istituto della mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali.
Una soluzione molto dibattuta, in particolare per la previsione della obbligatorietà.
Infatti, la Corte Costituzionale, con sentenza 6 dicembre 2012, n. 272, dichiarava l’illegittimità, per eccesso di delega legislativa, dell’art. 5, primo comma, del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, istitutivo della mediazione nelle controversie civili e commerciali, laddove si prevedeva il carattere obbligatorio della media-conciliazione (l’art.60 della legge-delega n. 69/2009, in attuazione della direttiva europea 52/2008, non parlava di obbligatorietà della mediazione, ma il Governo emanò il decreto legislativo n. 28/2010 prevedendone, appunto, l’obbligatorietà). L’obbligatorietà della mediazione è stata reintrodotta con il decreto legge 21 giugno 2013, n. 69 (poi convertito dalla legge 9 agosto 2013, n. 98).
Invero l’istituto pare non abbia attecchito così come era nelle intenzioni del legislatore e permangono molte perplessità sulla efficacia della mediazione obbligatoria, avallata dalla recente giurisprudenza di merito che ne ha definito ulteriormente i contorni in relazione alla introduzione ed all’esperibilità effettiva inasprendone le conseguenze in termini di sanzioni processuali fino alla improcedibilità della domanda in sede giudiziale, come vedremo.
E’ indubbio che la mediazione imposta come condizione di procedibilità non ha portato ai risultati che il legislatore si aspettava, come si può agevolmente riscontrare dalle relazioni redatte dalle Corti di Appello in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2017.
Le incertezze sulla diffusione e sull’applicazione dello strumento della media-conciliazione, spesso concepito come una mera formalità, peraltro dilatoria rispetto alla sede “naturale” per far valere i diritti, avrebbero dovuto indurre il legislatore a rivisitare l’istituto, quanto meno riesaminando la questione l’obbligatorietà.
Non a caso l’art.5 comma 1 bis del decreto legislativo n.28 del 2010, introdotto con l’intervento legislativo del 2013 di cui si è detto, aveva previsto una efficacia temporale di quattro anni della disposizione sulla condizione di procedibilità della mediazione per le materie considerate (condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con
altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari).
Su iniziativa del Ministero della Giustizia si sarebbe dovuto effettuare un monitoraggio biennale sugli esiti della sperimentazione della mediazione obbligatoria per deciderne le sorti.
Nonostante l’esito non certo positivo dello strumento, nella relazione redatta dalla Commissione nominata dal Ministero della Giustizia per il monitoraggio quadriennale, vengono proposte modifiche dirette ad imporre sempre di più l’istituto della mediaconciliazione: ad esempio, si vuole introdurre la c.d. clausola multistep con cui le parti si obbligano, in caso di controversia futura, ad esperire la mediazione ed, in caso di esito negativo, la procedura arbitrale; si vuole estendere l’obbligatorietà della mediazione ad altre materie come i contratti di subfornitura di franchising, di leasing mobiliare non finanziario, rapporti sociali inerenti le società di persone. Si vuole altresì, tra l’altro, procrastinare la efficacia temporale della disposizione concernente l’obbligatorietà al 21 settembre 2023, aumentare le spese di avvio a scaglioni, introdurre il patrocinio a spese dello stato.
Dopo la media-conciliazione, il decreto legge 12.09.2014 n.132, intitolato…
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