La locazione finanziaria dopo la Legge sulla concorrenza
Redatto da Andrea Zanioli Fonte: Altalex.com
Con la Legge annuale per il mercato e la concorrenza (L. 4.8.2017, n. 124), il legislatore ha introdotto una nuova disciplina del contratto di locazione finanziaria (dal comma 136 al comma 140).
La normativa in esame non è però esaustiva e, anzi, lascia ancora aperte diverse questioni interpretative, posto che la stessa, in sintesi, oltre a dettare una definizione di locazione finanziaria, si limita a regolare gli effetti e le conseguenze della risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore.
Più nel dettaglio, la locazione finanziaria è stata definita come quel contratto in forza del quale “la banca o l’intermediario finanziario iscritto nell’albo di cui all’art. 106 del Testo Unico di cui al Decreto Legislativo 1.9.1993, n. 385, si obbliga ad acquistare o a far costruire un bene su scelta e secondo le indicazioni dell’utilizzatore, che ne assume tutti i rischi, anche di perimento, e lo fa mettere a disposizione per un dato tempo verso un determinato corrispettivo che tiene conto del prezzo di acquisto o di costruzione e della durata del contratto. Alla scadenza del contratto l’utilizzatore ha diritto di acquistare la proprietà del bene ad un prezzo prestabilito, ovvero, in caso di mancato esercizio del diritto, l’obbligo di restituirlo” (comma 136). Definizione che riassume il lungo lavoro interpretativo svolto negli anni dai giudici e che ricomprende le diverse ipotesi di leasing finanziario (immobiliare, targato, strumentale, ecc.).
È invece escluso dall’ambito applicativo della novella legislativa il leasing c.d. operativo, ove il fornitore assume anche la funzione di concedente, avendo quest’ultimo già a disposizione il bene oggetto del contratto o avendo comunque la possibilità di realizzarlo nell’ambito della propria attività imprenditoriale.
Sotto il profilo soggettivo, inoltre, la Legge conferma che soltanto un istituto bancario o un intermediario finanziario può rivestire il ruolo di concedente, con conseguente obbligo, per le società di leasing, di uniformarsi alla disciplina dettata dal T.U.B. (D.Lgs. 1.9.1993, n. 385) in punto di trasparenza delle operazioni bancarie e finanziarie.
La normativa in esame nulla dice, invece, in ordine agli altri soggetti coinvolti nell’operazione di leasing (in particolare il fornitore) e ai diritti e obblighi gravanti su questi ultimi. Aspetti che sono già regolati nel nostro Ordinamento per il leasing internazionale dalla Convenzione UNIDROIT di Ottawa del 28.5.1988 (ratificata e rese esecutiva nel nostro Paese con la L. 14.7.1993, n. 259), ma che il legislatore non ha ancora ritenuto di disciplinare a livello interno.
Ad ogni modo, secondo il comma 137 della L. n. 124 del 2017, si configura il “grave inadempimento” dell’utilizzatore (tale da giustificare la risoluzione del contratto di locazione finanziaria) quando, nelle ipotesi di leasing immobiliare, il conduttore non versa almeno 6 canoni mensili (oppure due canoni trimestrali) anche se non consecutivi o, comunque, un importo equivalente, ovvero, in tutti gli altri casi, qualora il conduttore non versa 4 canoni mensili anche non consecutivi o, comunque, un importo equivalente.
La disposizione, però, non chiarisce se tale definizione di grave inadempimento sia derogabile contrattualmente ovvero si imponga anche in caso di diversa previsione pattizia, rappresentando così un limite all’autonomia privata, similmente a quanto riconosciuto dalla giurisprudenza in ordine all’art. 1525 cod. civ. Tesi, quest’ultima, che potrebbe ritenersi preferibile considerato il favor verso l’utilizzatore espresso dalla norma.
Inoltre, in caso di risoluzione del contratto per grave inadempimento, a mente del comma 138 il concedente, da un lato, avrà il diritto alla restituzione del bene oggetto del contratto di locazione finanziaria, mentre, dall’altro, dovrà versare all’utilizzatore quanto ricavato dalla ricollocazione del bene, al netto alla somma dei canoni scaduti e non pagati fino alla data della risoluzione, dei canoni a scadere (ma solo in linea capitale) e del valore dell’opzione finale d’acquisto, oltre delle spese anticipate per il recupero, per la stima e per la conservazione (per il tempo necessario alla ricollocazione) del bene.
La stessa disposizione, però, precisa che, là ove il ricavato della vendita non sia tale da soddisfare interamente il credito del concedente, quest’ultimo potrà allora far valere le proprie residue pretese verso l’utilizzatore inadempiente.
Quella appena esaminata, a parere di chi scrive, è la novità più rilevante della L. n. 124 del 2017, giacché dovrebbe porre fine alla discussione sull’applicabilità o meno dell’art. 1526 cod. civ. in caso di risoluzione del contratto di locazione finanziaria. Un orientamento diffuso sosteneva infatti che, nel caso di leasing c.d. traslativo (ossia quando, al termine del contratto, il bene concesso in locazione finanziaria conserva un valore residuo superiore all’importo convenuto per l’opzione e, al contempo, i canoni comprendono anche una…
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