
Serve l’avviso al difensore per prelievo ematico come atto di PG
20 Novembre 2018
Uso delle parti comuni del Condominio
20 Novembre 2018Negli ultimi anni sempre più pronunce della Corte di Cassazione si stanno occupando del mondo dei social network, specie in considerazione del ruolo preponderante che questi ultimi stanno assumendo nella consumazione dei reati.
La sentenza che andremo ad analizzare riguarda la configurabilità del reato di “stalking” mediante l’uso dei social network.
Oggi giorno i social network vengono impiegati da ciascuno di noi per gli scopi più vari e, purtroppo, come testimoniano le cronache odierne, sono utilizzati anche come strumenti per la realizzazione di reati. Infatti, come abbiamo avuto modo di esaminare in un precedente articolo, un’attività apparentemente inoffensiva come la pubblicazione di un commento su una bacheca Facebook può comportare in capo all’autore importanti conseguenze di natura penale (qualora vengano utilizzati termini offensivi e o denigratori).
Ebbene, a livello giurisprudenziale, risulta ormai consolidato l’orientamento secondo cui la diffamazione effettuata tramite social network integra l’aggravante prevista dal terzo comma dell’art. 595 del codice penale il quale stabilisce per l’appunto che “Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a cinquecentosedici euro,”
Ciò proprio per l’indeterminabilità dei soggetti che potenzialmente potrebbero essere raggiunti dal commento denigratorio. Ma se anziché un solo commento offensivo ve ne …
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La sentenza n. 21407/2016
La vicenda traeva origine da una pronuncia del Tribunale di Catania che, nei confronti di un soggetto imputato per il reato di cui all’art. 612-bis c.p., confermava l’ordinanza applicativa della misura del divieto di avvicinamento alle persone offese, con l’obbligo di mantenersi a una distanza di almeno 250 metri dalla loro abitazione e con il divieto di comunicare con qualsiasi mezzo con esse.
I giudici del Palazzaccio precisano, anzitutto, che il delitto di atti persecutori deve essere valutato in maniera differente rispetto ai reati di molestie e di minacce, i quali possono essere qualificati come elementi costitutivi per la produzione di un evento di danno o di pericolo.
L’elemento di distinzione è, come esposto in precedenza, la reiterazione del comportamento, senza tuttavia che sia necessaria la serialità delle condotte, essendo sufficienti anche due soli episodi caratterizzanti il reato.
Con specifico riferimento ai social network, i giudici, richiamando una precedente pronuncia, confermano che “integra il delitto di atti persecutori il reiterato invio alla persona offesa di telefonate, Sms e messaggi di posta elettronica, anche tramite i c.d. social network (come, ad esempio, Facebook), nonché la divulgazione, attraverso questi ultimi, di filmati che ritraggono rapporti sessuali intrattenuti dall’autore del…
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